I 25 Dischi Più Significativi del 2022
di Massimo Perasso
E’ stato difficile stilare questa lista. Non per la mancanza di dischi interessanti, tutt’altro, ma la varietà di proposte che meritavano di entrare in lista era talmente alta che è stato necessario trovare una linea guida e una certa severità. In una annata in cui la maggior parte delle liste di fine anno vedono Rosalia, Beyoncè, Bad Bunny tra i primi posti è stato necessario ragionare su chi sono i reali fruitori di questi “best of”: gli uffici stampa, gli ascolti di spotify o gli appassionati in cerca di dischi ricercati, particolari ma soprattutto belli? Sia chiaro non voglio fare lo snob ma neanche sacrificare spazio a dischi che meriterebbero maggiore attenzione. Lavorare in un negozio di dischi (Flamingo Records Store a Genova) mi ha suggerito una efficace regola: quali album riuscirei a consigliare a scatola chiusa senza temere di rendere insoddisfatto il cliente? Quali dischi posso difendere in caso di incertezza da parte del potenziale acquirente? Questi 25 titoli che ho stilato hanno la cosiddetta “marcia in più”. Probabilmente non sono il “perfect ten” che li renderà immortali (di questi tempi ben poche cose sono create per durare) ma è musica su cui potete investire il vostro tempo e, perchè no, anche i vostri soldi per arricchire la vostra collezione. Tutti questi dischi li ho tastati con mano, ascoltati e venduti, macinati in macchina, nello stereo di casa e nelle cuffie. Ne ho aperto il packaging, assaporato l’odore della carta e gustato la cura. Ne ho apprezzato la produzione, gli arrangiamenti, le idee, la tecnica (anche nell’esserne meravigliosamente privi) e l’originalità. Infine ne ho decifrato il messaggio, quasi mai banale.
Tomorrow Hit Today vi ricorda, a partire dal titolo, che la musica del domani è già qui nel presente: non temporeggiate, lasciatevi andare a nomi che non conoscete. Avete ascolti più specifici? Abbiamo anche delle liste di “genere” in cui tuffarvi: buona ricerca!
1 . Lucrecia Dalt – ¡Ay! (RVNG)
Aveva già sfiorato la top dei dischi nel 2020 con lo splendido “No Era Solida” ma con “¡Ay!” l’artista colombiana Lucrecia Dalt crea un disco che non è più prettamente sperimentale abbracciando una sonorità “mondiale”. Un po’ come fece il produttore Refree con il primo album di Rosalia (quello si da avere in collezione) o con la collaborazione con la cantante di fado Lina Rodrigues , Lucrecia mescola antico e moderno al servizio di canzoni struggenti e senza tempo. Rumba, bachata, son, bolero convivono con elettronica, jazz, world music (non solo colombiana quindi ma anche cubana, africana…) in una musica che è allo stesso tempo dieci anni avanti e 100 indietro.
2 . Moor Mother – Jazz Codes (Anti)
Mentre i Sault hanno deciso di riscrivere la storia della musica black rigettando sul proprio pubblico dischi su dischi di varia natura mantenendo però una eccessiva chiusura verso il mondo esterno (copertine scarne, promozione ridotta al minimo, musicisti misteriosi) dall’altra parte Beyoncè usa metodi diametralmente opposti (sovraesposizione, produzione sontuosa, sessualità spinta). Sebbene non disdegni i prodotti di Sault e Beyoncè, come ho scritto nell’introduzione ho dovuto fare delle scelte drastiche: scelta che però ricade su Moor Mother, che trovo più vera e concreta . Il suo infinito collaborare con musicisti di diversa estrazione la porta a realizzare dischi di varia natura (dal free jazz degli Irreversible Entanglements al drone metal degli Zonal) ed è tutto parte di un viaggio personale condiviso con coloro che vogliono ascoltarla. Jazz Codes è un po’ la summa di questo viaggio, orientato fin dal titolo alla celebrazione del jazz rivisitato con il consueto stile cyberpunk che la fa sembrare uscire da una duna di Mad Max e che dona alla sua musica un alone da “l’ultima che potremo ascoltare prima dell’apocalisse”. Come per Lucrecia Dalt a convincere è la fusione di passato e moderno: soul, jazz, triphop, dub, hiphop, elettronica mescolati come fossero suonati nel 2030.
3 . Anteloper – Pink Dolphins (International Anthem Company)
Probabilmente la prematura morte della trombettista Jamie Branch ha fatto si che “Pink Dolphins” sia così in alto in classifica. Ma è anche vero che il disco non se n’è mai andato dallo stereo per tutto questo tormentato 2022 che ci ha portato via decine di musicisti eccezionali. Merito di una bellezza che trascende il semplice tributo ad una artista che ci ha lasciato troppo presto (se non la conoscete cercate i due dischi “Fly Or Die”, poi passate in negozio a ringraziare). Il duo Antelopers (Jaimie Branch e Jason Nazary) si fa aiutare da Jeff Parker dei Tortoise (che quest’anno ha pubblicato lo splendido “Mondays At The Enfield Tennis Academy”) dando vita a “Pink Dolphins”, uno straordinario viaggio di jazz psichedelico contaminato con elettronica, post rock e hiphop strumentale (diciamo alla J Dilla). Su tutto svetta la bellezza del singolo da 8 minuti di “Earthlings” che ricorda certa elettronica gentile anni 90. Un disco che funziona come la coperta di Linus.
4 . Širom – The Liquified Throne of Simplicity (Glitterbeat)
Glitterbeat è la sussidiaria etnica della Glitterhouse, etichetta che ormai tre decenni fa importava il meglio della musica alternativa americana. Ha un catalogo ricchissimo di primizie provenienti da ogni parte del mondo e solo quest’anno ha pubblicato splendidi album di Al-Qasar, Liraz, Gaye Su Akyol, Park Jiha, El Khat. Fra tutti svetta però “The Liquified Throne of Simplicity”, quarto album del trio sloveno Širom. La loro è musica costruita da zero, fin dagli strumenti assemblati dalle loro mani, che sperimenta strade e suoni nuovi in un territorio folk psichedelico dagli ovvi sapori dell’est Europa. Il suono del trio è difficile da spiegare: è come se i corrieri cosmici che hanno dato vita al kraut rock si fossero spostati nei boschi sloveni. Musica senza tempo e senza confini. Chiudete gli occhi e lasciatevi traghettare in questo viaggio misterioso.
5 . Oren Ambarchi / Johan Berthling / Andreas Werliin – Ghosted (Drag City)
L’australiano Oren Ambarchi ha pubblicato quest’anno due ottimi dischi: “Ghosted” e “Shebang” (anche altro ma limitiamoci). Fra i due scelgo “Ghosted”, giusto per questioni puramente soggettive e perchè “Shebang” lo trovate citato molto più spesso. La questione soggettiva è che quando ho inserito i due dischi nello stereo della macchina durante un lungo viaggio “Ghosted” ha funzionato meglio e si è guadagnato più ascolti. Andreas Werliin e Johan Berthling sono parte dei Fire! (e quindi anche Fire! Orchestra) e nel primo brano ospitano Christer Bothén, già collaboratore di Don Cherry, al N’goni. “Ghosted” è ipnotico nel modo migliore possibile, è un viaggio kraut (diciamo alla Can) che vorreste non finisse mai. Suonato divinamente e registrato perfettamente, che non fa male.
6 . Chat Pile – God’s Country (Flenser)
Flenser è una etichetta che va tenuta d’occhio. Solo quest’anno ha pubblicato “Aveilut” degli Scarcity (praticamente Glenn Branca mescolato al black metal) e “Diner Coffee” dei Mamaleek (art rock e sludge), senza contare in passato lavori splendidi di Succumbs, Midwife, Sprain, Bosse-De-Nage… Ero convinto che i Chat Pile se li prendesse Reptilian Records ma uscire per Flenser testimonia la volontà della band di Oklahoma di non fossilizzarsi in un sound predefinito. Intanto la copertina è di quelle che attira curiosità: il logo della band è tipicamente black metal, il colore di sfondo è “panna” e al centro troviamo una bella foto di una centrale elettrica. Messo il disco nel lettore verrete sopraffatti da un sound sludge / industrial ultra incazzato che può piacere ai fan di Jesus Lizard, Swans, Birthday Party e Melvins. Ma non solo a loro perchè “God’s Country” è il disco “heavy” più riuscito del 2022. Se volete prendere e dare sberle questo è il disco giusto.
7 . Soul Glo – Diaspora Problem (Epitaph)
Come successo per i Chat Pile anche i Soul Glo me li sto godendo fin dai primi EP. Ed è un piacere vedere che entrambi zitti zitti hanno guadagnato due buoni contratti e speso bene le proprie carte per farsi notare dal pubblico più attento a proposte particolari. “Diaspora Problem” è punk, è noise, è hip hop, è metal. E’ tutto questo e niente di tutto ciò. Lo potremmo definire crossover? Anche. I Bad Brains della nuova generazione? Anche. Band da amare senza tante storie? Si.
8 . Off! – Free LSD (Fat Possum)
Gallina vecchia fa buon brodo è un classico popolare che si può applicare a Keith Morris splendido 67enne che ha prestato la sua voce a Black Flag e Circle Jerks e che da qualche anno insegna alle nuove generazioni l’hardcore punk con il progetto Off condiviso con il chitarrista Dimitri Coats dei Burning Brides. Assieme a loro c’erano anche Steven McDonald dei Redd Kross e Mario Rubalcaba degli Hot Snakes. Questi ultimi però se ne sono andati da qualche tempo, il primo è entrato stabile nei Melvins e l’altro porta avanti il progetto Earthless. Poco male: usciti loro entrano Autry Fulbright dei Trail Of Dead e Justin Brown, già batterista di Thundercat e Ambrose Akinmusire e jazzista con i controcoglioni. Tra un pezzo e l’altro ospitano gli svarioni free jazz del sassofonista Jon Wahl e il pranzo è servito. Hardcore punk tiratissimo, suonato da paura e con svarioni noise-free-psichedelici. L’inizio e la fine dell’hardcore in un solo disco.
9 . Keeley Forsyth – Limbs (Leaf)
La attrice inglese Keeley Forsyth ha trovato nella musica un ottimo modo per esprimere sé stessa senza filtri. E quello che ne viene fuori non è certamente un mondo di fiorellini e marsh mallows, tutt’altro. Il nome a cui può essere associata è quello di Scott Walker, soprattutto del periodo Tilt. Ma anche nomi tormentati come Nico e Beth Gibbons dei Portishead. Siamo quindi in un soul nero: straziante da casa infestata da anime tormentate e maledette. La durata relativamente breve (meno di mezzora) rende l’ascolto non soffocante e catartico.
10 . Fontaines D.C. – Skinty Fia (Partisan)
Gli irlandesi Fontaines D.C. sono il primo complesso uscito dall’area post-punk a raggiungere un pubblico vasto. Più vasto degli Idles e dei Viagra Boys che fanno i pienoni dal vivo ma vendono meno dischi. Merito di una proposta semplice e diretta e di un frontman bello e carismatico con una vocalità particolare (sembra che canti un’altra canzone). Con il terzo disco “Skinty Fia” mette in mostra tutti i pregi di una formula che prende dal post punk originale (Joy Division), il brit rock anni 90 e lo trasforma in canzoni che entrano in testa fin dal primo ascolto. Il pubblico rock giovane in cerca di beniamini li ha premiati, quello più anziano li guarda con sospetto ma un po’ ne sono attratti: missione compiuta.
11 . The Smile – A Light for Attracting Attention (XL Recordings)
C’è una regola non scritta ma che tutte le band più sagge seguono superata una certa età: cambiare il batterista scegliendone uno più giovane. Il membro più problematico di una band solitamente dopo una certa età perde la forza, l’inventiva, la capacità di rinnovarsi, l’orecchio. L’ideale sarebbe sostituire l’intera sezione ritmica (vedi gli Off) ridando vitalità a cantanti e chitarristi. Thom Yorke e Johnny Greenwood lo hanno capito bene e hanno lasciato gli altri Radiohead a casa e hanno preferito suonare con Tom Skinner, prodigioso batterista de The Comet Is Coming. La differenza è notevole e “A Light For Attracting Attention” è il miglior disco dei Radiohead (ops) da anni a questa parte. The Smile è un gruppo dinamico, soprendente e rimette in moto la genialità del duo Yorke / Greenwood dopo anni di staticità.
12 . caroline – caroline (Rough Trade)
Sono inglesi e sono in otto: potrebbero sembrare dei cloni dei Black Country New Road ma con il disco d’esordio riescono a superarli in freschezza ed originalità. In realtà non competono neanche nello stesso campionato perché è vero che entrambi hanno i piedi ben saldi nel post rock ma i caroline ne riprendono la versione più folk e meno chitarrosa. Merito di una strumentazione acustica in primo piano (viola, violino, violoncello, tromba, sassofono) e di una attitudine più da camera che li potrebbe inserire in una ipotetica via di mezzo fra Godspeed You Black Emperor e Belle And Sebastian. Esordio bellissimo.
13 . Black Country, New Road – Ants From Up There (Ninja Tune)
Regola numero uno per avere un minimo di successo: non cambiare membri del gruppo fino almeno alla fine del tour di promozione del terzo disco in modo che la fan base si affezioni ai membri. Il cantante e scrittore di testi Isaac Wood ha deciso di lasciare i Black Country, New Road una settimana prima della pubblicazione del secondo disco. Immagino già le bestemmie in casa Ninja Tune e la disperazione dei rimanenti membri del gruppo in procinto di partire per un tour mondiale. Mica un gruppo a caso ma uno di quelli che la stampa aveva incensato, giustamente, per l’esordio “For The First Time”. Gran peccato perchè “Ants From Up There” mostra un songwriting finalmente personale (il primo bello ma taaaaaanto tributo a certo post rock) e che dona un senso alla ricca strumentazione del gruppo senza perdersi nel delirio post-tutto degli amici Black Midi. Isaac diventerà un nuovo King Krule? Black Country riusciranno ad andare avanti lo stesso? La risposta l’avremo fra qualche tempo, per ora godiamoci di un secondo, bellissimo, disco.
14 . Makaya McCraven – In These Times (International Anthem Recordings, XL)
Il batterista Makaya McCraven è una delle punte di diamante della scena jazz attuale, quella che però piace più agli amanti della black music e del rock e che tendenzialmente fa storcere il naso ai puristi. Venuto alla ribalta nel 2015 con “In The Moment” ha conquistato i più scettici con l’album “We’re New Again” in cui rivisitava il testamento musicale di Gil Scott Heron “I’m New Here”. Makaya è inafferrabile, così come i suoi dischi fatti di idee registrate in sessions e montate con modalità più vicina all’hip hop che al jazz. “In These Times” è probabilmente il lavoro più spontaneo ed è stracolmo di collaboratori di qualità (tra cui il prezzemolino Jeff Parker) ed è un ottimo lasciapassare per scoprire una scena vitale, attenta alle tradizioni e con un occhio puntato al futuro.
15 . Black Thought & Danger Mouse – Cheat Codes (BMG)
Danger Mouse è uno dei produttori più importanti del mondo hip hop mentre Black Thought è il cantante dei The Roots. Da anni provano a collaborare e finalmente hanno messo insieme una dozzina di brani, aiutati da una notevole sfilza di ospiti (Raekwon, Michael Kiwanuka, Conway The Machine, A$AP Rocky, Run The Jewels, MF DOOM in una registrazione inedita). Il risultato ha il suono di un vinile scoppiettante, di un hip hop old school che non ha nessuna intenzione di guardare troppo al di là. “Cheat Codes” è la celebrazione di un suono ormai lontano, ripescato prima che sia troppo tardi per ricordarcelo. Allo stesso tempo è una raccolta di brani stupendi e ottimamente prodotti. Una operazione di recupero di un suono necessaria per far esprimere al meglio i due protagonisti e il loro ricco parterre di amici. Agli amici rockettari segnalo che è stato masterizzato da Bob Weston.
16 . Nina Nastasia – Riderless Horse (Temporary Residence LTD)
Dopo anni di abusi da parte del compagno e partner creativo Kennan Gudjonsson finalmente lui si separa da lei. Suicidandosi. Riderless Horse è il disco della rinascita della cantautrice Nina Nastasia dopo una dozzina di anni di silenzio, registrato dal fidato Steve Albini. E’ un disco crudo ma non triste nè autocommiserato, allo stesso tempo non sprizza gioia da tutte le parti. E’ un disco necessario per l’autrice ma piacevole anche per noi. Solo chitarra e voce. E tanto realismo.
17 . The Lord & Petra Haden – Devotional (Southern Lord)
Non so se i Sunn O))) si siano presi una pausa a tempo indeterminato ma è certo che Greg Anderson si sia messo all’opera per togliersi un po’ di sfizi. Ad inizio anno ha pubblicato un disco a nome The Lord in cui si lasciava andare a droni e ad atmosfere horror alla John Carpenter. Poi ha pubblicato una manciata di pezzi con alcuni musicisti che stima (la cantante dei Big Brave, quello degli Alice In Chains, David Pajo degli Slint). Ha tenuto il pezzo forte per ultimo: “Devotional” disco realizzato con la stupefacente cantante e violinista Petra Haden. E’ un disco molto strano sospeso fra drone metal e musica devozionale ispirata alla vita di Ma Anand Sheela. Non un album da sottofondo, nè da serata fra amici e birrette ma se troverete il mood giusto saprà donarvi parecchie soddisfazioni.
18 . 700 Bliss – Nothing To Declare (Hyperdub)
Torniamo a parlare di Moor Mother perchè 700 Bliss è il progetto che condivide con DJ Haram. Basi oscure e versi poetici, bassi profondi e rime taglienti, rumori e ritmi sintetici. Sigilla Hyperdub che, ormai lontana dall’hype dubstep di una dozzina di anni fa, continua zitta zitta a produrre roba di qualità.
19 . billy woods – Aethiopes (Backwoodz)
Dopo la splendida collaborazione con Moor Mother (Brass) del 2020 Billy Woods torna da solo con due dischi “Church” e “Aethiopes”. Billy ha già nel suo carnet una discreta sequenza di capolavori di hip hop underground (History Will Absolve Me, Today I Wrote Nothing, Know Unknowns, Hiding Places) e questo Aethiopes non fa eccezione. Crudo ed essenziale, sbilenco ma dritto al dunque, costruito con grande attenzione con roba antica e materiale moderno. Già dalla copertina di Rembrandt si capisce che siamo di fronte ad un’opera non banale.
20 . Moin – Paste (AD 93)
Già il precedente Moon! è rimasto fra i dischi più ascoltati degli ultimi anni con “Paste” i Moin (la batterista Valentina Magaletti e il duo Raime) non vogliono farci togliere la loro musica dall’impianto. Prendete il suono post-hardcore degli anni 90 e riducetelo all’essenziale: chitarre dissonanti, ritmica in primo piano, rumore. Uzeda e Sonic Youth i nomi tutelari ma anche tanto post rock, il suono Touch&go, Dischord e tutto quello che da anni le band moderne sembrano aver dimenticato.
21 . Natalia Lafourcade – De Todas Las Flores (Sony)
Cosa fai se sei una cantante pop di successo in Messico? Assumi Adan Jodorowsky (compositore figlio di Alejandro) e gli fai produrre il tuo disco “De Todas Las Flores” e poi chiami il chitarrista Marc Ribot (John Zorn) e il contrabbassista Sebastian Steinberg (Soul Coughing) più una serie di musicisti di qualità che rendano il disco perfettamente suonato e arrangiato. Ecco come Natalia Lafourcade ha assemblato uno dei migliori dischi del’anno, capace di esportare il sound folk messicano in tutto il mondo. Canzoni interpretate magistralmente che non tarderanno a farvi venire i brividi.
22 . Otoboke Beaver – Super Champon (Damnably)
Uno dei dischi rock più divertenti e fuori di testa dell’anno? Naturalmente proviene dal Giappone ed è suonato brillantemente da quattro ragazze che non hanno paura di mescoltare punk rock e noise aiutandosi da stacchi prog, dissonanze e riff vorticosi. Materiale storto ma non fine a se stesso: le canzoni, pur deliranti, sono tutte riconoscibili e canticchiabili. Oltre che adorabili.
23 . Wu-Lu – Loggerhead (Warp)
Se nel tuo disco d’esordio suonano il compositore Mica Levi, il batterista di Black Midi, quello dei Morcheeba e musicisti del giro Greentea Peng vuol dire che i soldi della Warp sono stati spesi bene. E Wu-Lu (ovvero Miles Romans Hopcraft) non li ha spesi a caso ma li ha usati per fargli suonare una miscela di hip hop, rock alternativo, elettronica, industrial, triphop che non suonava così fresca tipo da … 25 anni? Certo qualcosa da affinare c’è ma alcune delle canzoni contenute in questo disco sono alcune delle migliori sentite quest’anno.
24 . Angel Olsen – Big Time (Jagjaguwar)
Il 2022 è stata un’annata ricca di musicisti che flirtano con il folk e il country americano (ma già da un po’ di anni a dire il vero) e la scelta per occupare il piccolo slot dedicato al genere questa volta va a “Big Time” di Angel Olsen perchè oltre a premiare una carriera senza cali di tono rappresenta la fine di una annata terribile per la protagonista. Angel ha infatti perso entrambi i genitori ed è stata lasciata dalla donna della sua vita. Queste emozioni non proprio positive sono finite in un album che suona perfettamente tradizionale e altrettanto piacevole da ascoltare.
25 . Kendrick Lamar – Mr. Morale & The Big Steppers (Interscope)
Fra tutti i nomi che sono coperti da tutte le classifiche mondiali penso sia inevitabile inserire Kendrick Lamar, uno degli artisti più ascoltati e influenti degli ultimi anni. Perchè non è solo un fenomeno pop che passerà con il tempo ma, anzi, un artista che continueremo a studiare negli anni a venire. Kendrick Hits Today.
Riassunto:
1 . Lucrecia Dalt – ¡Ay!
2 . Moor Mother – Jazz Codes
3 . Anteloper – Pink Dolphins
4 . Širom – The Liquified Throne of Simplicity
5 . Oren Ambarchi / Johan Berthling / Andreas Werliin – Ghosted
6 . Chat Pile – God’s Country
7 . Soul Glo – Diaspora Problem
8 . Off! – Free LSD
9 . Keeley Forsyth – Limbs
10 . Fontaines D.C. – Skinty Fia
11 . The Smile – A Light for Attracting Attention
12 . caroline – caroline
13 . Black Country, New Road – Ants From Up There
14 . Makaya McCraven – In These Times
15 . Black Thought & Danger Mouse – Cheat Codes
16 . Nina Nastasia – Riderless Horse
17 . The Lord & Petra Haden – Devotional
18 . 700 Bliss – Nothing To Declare
19 . billy woods – Aethiopes
20 . Moin – Paste
21 . Natalia Lafourcade – De Todas Las Flores
22 . Otoboke Beaver – Super Champon
23 . Wu-Lu – Loggerhead
24 . Angel Olsen – Big Time
25 . Kendrick Lamar – Mr. Morale & The Big Steppers