I 20 Migliori Dischi ALTERNATIVE ROCK Del 2022
di Massimo Perasso
Ogni anno è piacevole fare una lista un po’ diversa dalle solite: quest’anno è il turno di quella, abbastanza improbabile per molti, dedicata al rock alternativo. Il 2022 non ha segnato il ritorno del genere nelle classifiche come avvenne circa 30 anni fa (aaah il mitico 1992) ma è indubbio che l’alternative abbia una sua nicchia di ascoltatori che stanno a metà tra l’underground più stravagante e il rock più mainstream. Ascoltatori che adorano imparare ritornelli a memoria ma allo stesso tempo scappano dalla banalità della forma canzone. Se ascoltare rock è da “boomer” l’alternative rock ha ancora una sua grinta giovanile (“teenage angst”) e una dignità che lo porta a sfiorare le classifiche senza finirne strozzato. Alcuni dischi escono su major, molti su etichette indipendenti medio grosse. All’interno di questa lista trovate nomi nuovi e vecchie cariatidi per aggiornare le vostre playlist ferme al 2002.
1 . The Bobby Lees – Bellevue (Ipecac)
Dopo un buon disco prodotto da Jon Spencer i newyorkesi vengono raccomandati a Mike Patton da Henry Rollins. Ottengono quindi un contratto per la Ipecac e iniziano a giocare fra i grandi. Capitanati dalla carismatica cantante e chitarrista Sam Quartin, The Bobby Lees sono una vera furia dal vivo (e ho avuto il piacere di vederli al Punk Rock Raduno): sezione ritmica inarrestabile, chitarre urlanti e una voce che sa ammaliare e sbatterti grinta, furia e rabbia sulla faccia. “Bellevue” aggiunge anche una bella sequenza di canzoni che non hanno paura di mescolare soul, blues elettrico alla sporcizia grunge e alla furia punk. Ah hanno una canzone intitolata “Greta Van Fake”: come non amarli?
2 . Just Mustard – Heart Under (Partisan)
Al secondo disco gli irlandesi Just Mustard segnano un centro perfetto. A partire dalla cupa copertina e l’immaginario associato (videoclip, foto) il quartetto sembra uscito dalla florida stagione shoegaze di fine anni 80 e inizio anni 90, con l’aggiunta di suoni heavy che li catapultano immediatamente nel cuore anche degli appassionati di post-metal atmosferico. Qui dentro trovate dischi 4AD, Too Pure, ma anche certe asperità Earache, il trip hop, il dream pop, il noise…insomma il meglio degli ultimi 30 anni di musica presa male. Anche qui però al di là della formula a vincere sono le canzoni: una più bella dell’altra!
3 . Cloakroom – Dissolution Wave (Relapse)
Da una costola dei Nothing nascono i Cloakroom, trio alternative shoegaze che ha subito trovato casa presso la metallara Relapse (che ha in catalogo anche la band principale). Sono assolutamente convinto che “Dissolution Wave” diventerà un classico per i fan del genere come i dischi dei DIIV e, appunto, quelli dei Nothing. C’è una punta di heavy rock stoneroso che potrebbe piacere anche ai fan dei Red Fang (o dei Queens Of The Stone Age), c’è un po’ di retrogusto anni 90 (gli Smashing Pumpkins sono dietro l’angolo), indolenza e chitarroni in primo piano. Un piccolo disco destinato a crescere nel tempo: non fatevi trovare impreparati.
4 . Alvvays – Blue Rev (Polyvinyl)
A 5 anni di distanza da “Antisocialites” si pensava di averli persi per strada e invece i canadesi Alvvays se ne spuntano con questo terzo disco che forse è pure il loro migliore. Frizzante pop-alternative con un po’ di chitarroni noise-gaze, melodie appiccicose e una canzone dedicata a Tom Verlaine! Se chiudete gli occhi è come essere nel 1991 ad ascoltare i Lush.
5 . Wet Leg – Wet Leg (Domino)
Con “Chaise Long” hanno conquistato il mondo (non si contano le cover anche di personaggi famosi) grazie ad una formula che si può riassumere nel prendere gli ingredienti dei Dry Cleaning e trasportarli in un contesto “happy” e ambiguo. Fossimo nel 1997 avrebbe fatto vendere al disco 5 milioni di copie. Ma siamo nel 2022 e i dischi si spacciano principalmente su Spotify (e lì gli ascolti si aggirano sui 40 milioni). Se molti bollano le due ragazze come robetta c’è da dire che il disco è vario, ben arrangiato e ricco di esplosioni noise (e infatti è la guilty pleasure di tanti cattivoni della scena) ma soprattutto le canzoni non se ne vanno dalla testa (che sia un bene o un male è soggettivo). Non saranno le nuove Elastica ma potrebbero durare più delle Veruca Salt.
6 . Pixies – Doggerel (BMG)
Un nuovo disco dei Pixies che suona bello come i vecchi? Ebbene si: “Doggerel” realizza il sogno di tanti fan che hanno accolto la reunion con gioia ma senza tante speranze. Dopo una manciata di dischi buoni ecco che la penna di Black Francis torna quella di un tempo realizzando un disco “all killer no filler”. Certo i tempi sono cambiati e la formula non sorprende più come quando uscì “Doolittle” ma la freschezza c’è. E poi chi è che ha mai battuto i Pixies? Dopo tutti questi anni è bene rimettere i re nel loro trono.
7 . The Beths – Expert In A Dying Field (Carpark)
Gli eredi di Fastbacks e The Muffs vengono dalla Nuova Zelanda e con “Expert in A Dying Field” arrivano al terzo, ottimo, disco. Melodie ultra pop, coretti e armonizzazioni, ritmi sostenuti e chitarroni che non hanno problemi a prendersi pure lo spazio di un assolo, spesso cacofonico. Elizabeth Stokes ha una voce gentile ma non eterea, grintosa ma non urlata, fanciullesca ma non zuccherosa. The Beths hanno rubato il libro di canzoni ai Weezer e non hanno intenzione di restituirglielo.
8 . King Hannah – I’m Not Sorry, I Was Just Being Me (City Slang)
“I’m Not Sorry…” è l’esordio sulla lunga distanza dopo un EP che aveva attivato le antenne dei più attenti. King Hannah è un duo composto da Hanna Merrick (chitarra, voce) e Craig Whittle (chitarra, voce e altro). Avete presente i Mazzy Star? Ecco più o meno siamo da quelle parti: pop che ha il sapore del deserto, di distese infinite, di relax e di Manson Family. C’è anche un po’ di PJ Harvey e di Grant Lee Buffalo ma anche tanto di loro due. Una splendida sorpresa e uno dei migliori debutti del 2022.
9 . …And You Will Know Us By The Trail Of Dead – XI: Bleed Here Now (Sony)
Hanno la tendenza a strafare fin a partire dal nome e infatti dopo un po’ di dischi (i primi tre) sono rimasti un culto per pochi, pazienti, appassionati che hanno saputo perdonargli lungaggini, pomposità e arrangiamenti barocchi. Con “Bleed Here Now” non rinunciano a questa particolarità ma riescono a renderla più che piacevole. 22 brani sono tanti, così come gli 11 minuti di “Taken By The Hand”, ma se avrete pazienza di affrontarlo troverete un disco che vi terrà compagnia per lungo, lunghissimo tempo.
10 . Drug Church – Hygiene (Pure Noise)
I pronotistici li danno come i nuovi Turnstile, ovvero la prossima band underground che è pronta per il grande salto. Se il retroterra è più o meno lo stesso (hardcore, noise, punk rock) mi pare di capire che le intenzioni dei ragazzi di Albany, New York, siano di andare leggermente meno “over”. Con “Hygiene” smussano ancora un po’ di asperità, defilandosi dal suono noise rock, ma allo stesso tempo non rinunciano ad una forma canzone sbilenca e rumorosa (il primo brano sembra una outtake dei Pixies). Se esistesse una casella da mettere a metà tra i Metz e i Turnstile ci starebbero i Drug Church.
11 . Suede – Autofiction (BMG)
Come per i Pixies anche i Suede stanno vivendo una seconda giovinezza ispirativa. Sarà che la pressione intorno a band di questo tipo è piuttosto lasca, sarà che arrivati a cinquanta e passa anni certi autori riescono ad avere una visione più chiara della propria ispiriazione ma “Autofiction” mostra finalmente tutti i pregi di un gruppo sempre rimasto in ombra ai tempi del brit pop, un po’ la terza/quarta scelta in un mondo dominato da Blur e Oasis. Sarà, inoltre, che il sound dark-pop-rock non è così fuori moda quindi non mi stupisce che le canzoni siano venute fuori da sè (oltre ai Pixies penso anche all’ultimo notevole album dei Psychedelic Furs, uscito un paio di anni fa). Non è “Dog Star Man” ma non ci va così lontano.
12 . Horsegirl – Versions Of Modern Performance (Matador)
L’alternative rock anni 90 è saldamente in mano alle ragazze, l’avrete capito e la cosa non mi dispiace. Questo trio di Chicago è sponsorizzato da Lee Ranaldo e Steve Shelley dei Sonic Youth che suonano all’interno del disco. Alla produzione troviamo John Agnello, monumento vivente che ha messo mani a dischi di Buffalo Tom, Gumball, Jawbox, Murder City Devils. Nebula, Madrugada, Sonic Youth, Kurt Vile e decine di altri. Le Horsegirl pur giovanissime sembrano conoscere bene la materia (e non si capisce come mai dato che saranno nate intorno al 2000!) e la manovrano gran padronanza: rumore, melodie, scazzo, soluzioni sbilenche e tante chitarre (due suonate alla Ranaldo/Moore).
13 . King’s X – Three Sides Of One (Sony)
Essere arrivati per primi ha fatto si che i King’s X influenzassero le orecchie ben attente (Alice In Chains, Metallica, Pearl Jam…) ma allo stesso tempo che non guadagnassero un decimo dei loro epigoni. Eppure, senza tante esagerazioni, senza di loro il mondo musicale degli anni 90 sarebbe stato ben diverso. Il trio torna dopo 10 anni di silenzio con un disco che potrebbe essere uscito nel 1994, ovviamente nel senso migliore del termine. Alternative rock con chitarroni tosti, voce melodicissima, tempi storti e arrangiamenti raffinati: se non li conoscete ne rimarrete stupiti, se già li amate fiondatevi senza dubbi.
14 . The Afghan Whigs – How Do You Burn? (BMG)
Greg Dulli è uno dei pochi sopravvissuti della scena grunge-alternative degli anni 90 ed è sempre bello sentire la sua voce. Gli Afghan Whigs si sono riuniti qualche anno fa e questo è il terzo lavoro della nuova era e il primo per una major dai tempi di 1965. La formula ha perso un po’ della carica elettrica dei bei tempi ma non il gusto per arrangiamenti sofisticati e la carica sensuale che trasuda ad ogni nota. E’ un disco suonato da ultra cinquantenni che si rivolgono a loro coetanei – difficilmente potrà fare breccia ai più giovani – ma è comunque una testimonianza di vitalità.
15 . Starcrawler – She Said (Big Machine)
In un mondo di Greta Van Fleet e Maneskin gli Starcrawler di Los Angeles fanno la figura degli strani eppure sono l’essenza della perfetta rock band. Frontwoman inquietante, riff classicisti ma con la volontà di spaccare, sezione ritmica bella snella e canzoni divertenti. Una via di mezzo fra Hole e Iggy Pop: chiamiamolo grunge glam rock, suoniamolo a tutto volume.
16 . Porridge Radio – Waterslide, Diving Board, Ladder To The Sky (Secretly Canadian)
E’ un peccato che un ottimo disco come “Every Bad” sia passato praticamente in sordina dalle nostre parti perchè con questo “Waterslide, Diving Board, Ladder To The Sky” abbiamo la consapevolezza che la band non tornerà più a quei suoni ulcerosi e graffianti, quasi riot grrrl. Porridge Radio sono un quartetto di Brighton guidato dalla carismatica cantante Dana Margolin che in questo disco mette da parte i chitarroni a favori di melodie più rilassanti e meno alienanti costruite su tastiere, sebbene una parte del carattere e della capacità di scrivere canzoni non sia stato del tutto abbandonata. Quindi se non conoscete Dana partite di qua e andate pure a ritroso.
17 . Witch Fever – Congregation (Music For Nations)
Se la svolta “soft” delle Porridge Radio non fa per voi è d’obbligo l’ascolto dell’esordio delle giovanissime Witch Fever di Manchester: “Congregation”. Babes In Toyland, Hole, L7 suonate in modalità stoner metal con bassone ribassato e una voce che non ha paura di lanciarsi anche in parti vagamente rappate. Witch Fever sembrano sincere nel proporre una formula vagamente obsoleta per far parlare il proprio disagio. Non sono le nuove Nirvana ma nessuno glielo ha chiesto.
18 . The Mysterines – Reeling (Fiction)
Fossimo nel 1995 questo quartetto inglese sarebbe ogni settimana nelle copertine di NME e Melody Maker merito di visini carini e una attitudine rock piuttosto chiassosa come piace a noi. Ma soprattutto hanno un singolo che è anche l’apertura del disco che è da spaccare tutto: “Life’s A Bitch (But I Like It So Much)”. Il resto è altalenante fra il buono e il meno buono ma che è in grado di accontentare le orecchie dei rockettari, magari durante un viaggio in autostrada. C’è tanta enfasi, forse troppa, e poco respiro ma è il bello e il brutto di prodotti che mirano “a spaccare”. Saranno una meteora? Nel dubbio il disco lo consigliamo senza tanti patemi.
19 . Momma – Household Name (Polyvinyl)
Malinconia, chitarre sporche e melodie appiccicose sono gli ingredienti proposti dalle due Momma, Etta Friedman e Allegra Weingarten da Los Angeles. Siamo al confine con l’indie pop più adolescenziale ma se non sentite tra i solchi aromi Smashing Pumpkins, Dinosaur Jr, Breeders, Lemonheads, Juliana Hatfield e Veruca Salt vuol dire che siete diventati dei cuori di pietra. E anche un po’ sordi.
20 . Loop – Sonancy (Reactor)
In questa classifica abbiamo fatto finta di essere nel 1992 e come non inserire il disco che sarebbe potuto uscire in quell’anno ma che in realtà è uscito 30 anni dopo? I Loop hanno pubblicato tre dischi sul finire degli anni 80 e si sono sciolti nel 1990. Molto probabilmente fossero andati avanti con la loro carriera avrebbero pubblicato “Sonancy” proprio nel 1992. Invece li ritroviamo 30 anni dopo come se nulla fosse. Non mi stupirebbe che a causa di qualche droga abbiano trovato un passaggio quantico e ci si siano catapultati dentro. O semplicemente che siano così tanto rimasti che un giorno hanno detto “ma perchè non stiamo suonando? vabbè ci vediamo alle 8 in sala prove”. Loro non suonano revival: sono esattamente così. Non potevano non stare in questa classifica sebbene siano fuori da ogni campionato.