Pearl Jam: I Dischi Da Avere
Sei rimasto incuriosito dopo aver ascoltato i Pearl Jam in radio? Hai saputo che è il gruppo più rappresentativo del grunge assieme ai Nirvana? Ti piace la voce di Eddie Vedder ma non sai come orientarti nella discografia della band di Seattle? Bene, questo è il posto giusto dove iniziare.
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Introduzione
Pearl Jam nascono a Seattle nel 1990 dopo lo scioglimento dei Mother Love Bone a causa del decesso del cantante Andy Wood per overdose di eroina. Stone Gossard (chitarra) e Jeff Ament (basso), aiutati dal batterista Matt Cameron (allora nei Soundgarden) e dal chitarrista Mike McCready realizzano un demo per cercare un cantante. Tramite passa parola troveranno un giovane ragazzo di San Diego, surfista per passione, benzinaio notturno con esperienze amatoriali nel circuito musicale, che dopo aver ascoltato la cassetta scriverà le linee vocali di tre canzoni. A Seattle rimasero così sorpresi che lo prenderanno seduta stante e inizieranno a preparare il primo album.
Quali sono i dischi assolutamente da avere?
In una discografia rock essenziale, non solo di genere grunge, è imperdonabile non avere “Ten”, il primo disco pubblicato nel 1991. Il disco fu composto in poco tempo principalmente da Stone Gossard e Jeff Ament e vede la presenza dei singoli “Alive”, “Even Flow” e “Oceans” ma soprattutto la ballad “Black” vera e propria gemma del disco, talmente delicata che la band si rifiutò di farla uscire come singolo. Ad onore del vero tutte le 11 canzoni di “Ten” sono dei classici e formano un disco che può essere amato sia dagli amanti del rock classico che di quello alternativo. Attualmente ha venduto più di 15 milioni di copie nel mondo. Curiosità: il titolo del disco si riferisce al numero di maglia del giocatore di basket Mookie Blaylock, primo nome della band.
Gli altri dischi da avere sono senz’altro i successivi quattro con riserva per Binaural del 2000. Vediamoli in dettaglio:
“Vs” (1993) è il secondo album e il primo scritto come una vera e propria band dopo l’esplosione di successo e l’attenzione mediatica. Pearl Jam e Nirvana furono la punta di diamante del cosidetto fenomeno “grunge” che consisteva in musica rock suonata in modo grezzo, punk, con testi intimisti e ribelli. Vs (Versus, precedentemente doveva chiamarsi Five Against One e poi solamente Pearl Jam) è un disco molto vario costruito con riff di chitarra molto aggressivi (“Go”, “Animal”) ma anche ballate dolci e folk (“Daughter”, “Elderly Woman Behind The Counter In A Small Town”). Come consuetudine in quegli anni troviamo anche brani funkeggianti (“W.M.A.”, “Rats”) ma anche esplosioni punk (“Blood”, “Leash”). All’interno è presente una delle canzoni più iconiche della band: “Rearviewmirror”, fra le composizioni rock più belle di tutti i tempi.
Il terzo disco “Vitalogy” (1994) esce dopo la morte di Kurt Cobain dei Nirvana e mostra una band impaurita e se possibile ancora più arrabbiata e “grunge”. “Vitalogy” è un disco strano con code strumentali intimiste, brani buffi (“Bugs”) ma allo stessa definisce per intero il sound Pearl Jam: “Corduroy”, “Immortality”, “Spin The Black Circle”, “Betterman” sono ancora oggi dei brani che mettono d’accordo ogni fan della band. E a chi non piacciono dedicano la scontrosa “Not For You”.
“No Code” esce in sordina dopo che il movimento grunge è stato dimenticato a favore di nuovi trend più spensierati. E’ il 1996 e non va più di moda ascoltare Eddie Vedder, ormai imitato da un esercito di cantanti in cerca di facile successo. Pearl Jam con “No Code” cambieranno pelle preferendo composizioni più rilassate e meno nervose, merito della collaborazione con Neil Young nel disco “Mirrorball” e della presenza del nuovo batterista Jack Irons proveniente dai Red Hot Chili Peppers. “Present Tense” è l’apice di un disco poetico e non banale. I fan aspettano da anni un ipotetico seguito, probabilmente invano. Se non amate troppo le chitarre rumorose scegliete questo disco senza esitazioni.
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“Yield” (1997) è invece un disco più rock e dimostra come i Pearl Jam siano degli autentici maestri nel genere. Se cercate un disco “solare” e da viaggio puntate sicuri la vostra scelta su questo disco. Meno poetico, meno introspettivo e meno “grunge” ma con canzoni che conquistano al primo ascolto. “Given To Fly”, “Do The Evolution” (di cui esiste anche uno splendido videoclip), “MFC” (scritta a Roma da Vedder) sono dei classici rock. Band in stato di grazia, merito soprattutto di un lavoro eccezionale del batterista Jack Irons, motore pulsante della band che purtroppo abbandonerà dopo questo disco.
Sebbene non abbiano mai fatto dischi brutti l’ultimo grande disco da avere è “Binaural” del 2000 che sebbene sia già un passo indietro rispetto ai precedenti è comunque un ottima scelta nel caso non siate ancora sazi. La scaletta è ottima e ricalca lo stile di Yield, sebbene in versione più cupa. La produzione è un po’ controversa e non aiuta a far brillare un album che avrebbe meritato più attenzione.
I successivi lavori sono “only for fans” che pescheranno con fatica alcune gemme in mezzo a brani piuttosto “standard”. Non brutti sia chiaro ma neanche da strapparsi i capelli. Sebbene non a livelli dei dischi anni 90 non è assolutamente da trascurare l’ultimo “Gigaton” (2020), che potete comprare qui.
Se siete pigri esiste anche una bella raccolta intitolata “Rearviewmirror (Greatest Hits 1991-2003)” uscita in doppio CD e in vinile in due volumi (qui trovate il primo). Il primo contiene i brani più “veloci” il secondo le ormai leggendarie ballad. Vi consiglio però un’altra raccolta intitolata “Lost Dogs” (2003) (lo trovate qui) anch’essa in doppio CD e triplo LP contenente brani inediti o pubblicati in compilation e singoli. Vi assicuro che contiene autentiche gemme che accresceranno l’amore verso la band.
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