Alice In Chains: I Dischi Da Avere
Alice In Chains sono un dei gruppi più importanti del movimento grunge e uno di quelli che ha attratto il maggior numero di ascoltatori “metallari”. E’ quindi probabile che abbiate visto il loro nome in qualche festival di musica “heavy” o ascoltato qualche loro brano in compilation e playlist a tema. Se vi siete incuriositi questo è il posto giusto dove poter scoprire i loro migliori dischi. La loro discografia non è molto ricca quindi in breve tempo potrete conoscerla a menadito.
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Introduzione
Alice In Chains si formarono a Seattle sul finire degli anni 80 dopo lo scioglimento di due band di genere “glam metal” chiamate Diamond Lie e Alice N’Chainz. La formazione era composta da Jerry Cantrell (chitarra, voce), Layne Staley (voce), Sean Kinney (batteria) e Mike Starr (basso). Quest’ultimo fu sostituito nel 1993 da Mike Inez. La band trovò velocemente un contratto discografico importante con la Columbia e fu la prima band di Seattle a vendere parecchi dischi, ben prima del boom del grunge.
I dischi da avere
Partendo dal presupposto che dischi brutti non ne hanno mai fatti e che il loro stile è ben formato fin dall’esordio il disco da avere in collezione è “Dirt“, il secondo album uscito nel 1992. “Dirt” è un disco che mette d’accordo sia i metallari classici, quelli alternativi e i rocker grazie al mix di riff spessi, melodie quasi soul, orecchiabilità da singalong e arrangiamenti ricercati. All’interno di “Dirt” troviamo classici della band come “Would?” assieme a ballad disperate come “Rooster“, “Angry Chair“, “Down In A Hole“. “Dirt” è un perfetto esempio musicale di grunge depressivo grazie a testi disperati e rabbiosi ma che in qualche modo funzionano da esorcismo per chi li ascolta, un po’ meno per chi li suona.
“Jar Of Flies” (1994) è l’obbligatoria seconda scelta. E’ un EP di circa mezzora formato da brani acustici e include i due singoli “No Excuses” e “I Stay Away” che porteranno il disco a vendere più di due milioni di copie. “Jar Of Flies” è un disco oscuro ma allo stesso tempo in grado di dare dipendenza.
Come Pearl Jam e Nirvana anche gli Alice In Chains sono stati chiamati da MTV per registrare uno show unplugged (ovvero acustico). La performance della band è stellare benchè il cantante Layne Staley mostra tutti i segni della tossicodipendenza che l’avrebbe divorato da lì a poco tempo. “MTV Unplugged“, uscito nel 1996, è un vero e proprio greatest hits in versione acustica e mette in luce le splendide armonie vocali dei due cantanti Staley e Cantrell. E’ un disco che vi butterà “giù nel buco” da cui vi sarà difficile uscire. Ma è un’esperienza che va assolutamente vissuta.
Altri dischi consigliati
L’esordio “Facelift” (1990) è negli anni messo un po’ in ombra dai dischi successivi ma è di grande qualità. La produzione è una delle prime del genere a suonare anni 90 e setta lo standard delle future uscite alternative metal. Benchè il suond sia debitore delle passate esperienze “sleazy” si riconoscono le influenze di band più stravaganti come King’s X e di vecchi riff sabbathiani. “Man In The Box” è il brano che può servire da lasciapassare.
Un altro disco schiacciato dal peso dei due che lo precedono e lo seguono è l’omonimo, chiamato anche “Tripod” dal cane a tre zampe in copertina. Uscito nel 1995 vede una scrittura confusa, delirante, morbosa, psicotica e oscura, perfetta per ascoltatori avezzi a sonorità strane. Non è un disco facile, la lunghezza non aiuta, ma una volta entrati sarà impossibile uscirne. Maneggiatelo con cautela.
Dischi per completisti e appassionati
Tra “Facelift” e “Dirt” c’è un EP intitola “SAP” (1992) che mostra per la prima volta il lato acustico degli Alice In Chains. All’interno troverete un brano accreditato a nome “Alice Mudgarden” in cui partecipano anche Mark Arm dei Mudhoney e Chris Cornell dei Soundgarden. Da solo vale il prezzo del biglietto ma dentro trovate anche le ottime “Brother” e “Got Me Wrong”.
I lavori usciti dopo la morte di Layne Staley (sostituito dal bravissimo William DuVall) mantengono una alta qualità di scrittura ma ovviamente viene meno il lato “malsano” e “soul” del cantante originale. C’è da dire che se non amate troppo la claustrofobia l’acquisto di “Black Gives Way To Blue” (2009), “The Devil Put Dinosaurs Here” (2013) e “Rainier Fog” (2018) potrebbero fare al caso vostro.
Come avrete notato i vinili degli Alice In Chains sono molto rari: se per caso ne trovaste uno a buon prezzo non fatevelo scappare!