Nessuna Alba Per Gli Uomini: Guida Essenziale Al Black Metal Femminile
di Francesco Traverso
Negli ultimi mesi mi sono capitati tra le mani dischi molto interessanti di band black metal interamente composte da donne e dopo una breve chiacchierata di redazione è venuta spontanea l’idea di stilare una piccola panoramica su queste artiste.
A tutti i più attenti osservatori e appassionati di musica non può essere sfuggito come da diversi anni a questa parte sono le donne a farla da padrone nelle uscite più interessanti in ambito rock, alternative, pop e in parte anche metal; se cito Emma Ruth Rundle, St. Vincent, Chelsea Wolfe, Anna Von Hausswollff, Courtney Barnett credo di non cogliervi di sorpresa e l’elenco potrebbe essere molto più lungo.
Anche nel black metal il contributo delle musiciste è sempre più significativo ed esiste almeno una manciata di progetti meritevoli di attenzione di cui andremo a parlare in ordine sparso.
L’idea per l’articolo mi è venuta pochi giorni fa quando mi sono imbattuto in questo video:
Con un logo geniale del canale (che ai più vecchietti come me farà scenderere una lacrimuccia) ed una location atipica, il video mostra le Doodswens mentre eseguono il brano “Het Zwartewaterland” tratto dal loro album di esordio “Lichtvrees“, uscito lo scorso anno su Svart Records. Il giovane duo olandese suona un black metal assolutamente radicato nelle proprie origini, riff semplici senza troppe pretese, ma di grande presa e una batteria che arricchisce il classico tappeto con qualche passaggio sghembo; spunta qua e là qualche intermezzo noise che crea un’atmosfera generale malata ed intrigante. Ci sono riff più aperti, quasi post black metal, ci sono arpeggi minimali, ma la cosa più importante è che ci sono le canzoni, che il disco viene voglia di rimetterlo su, che le ragazze sembrano pienamente calate nelle loro musica.
Così sono andato avanti con il video delle Isolation Sessions del 2020, girato per il canale Super-Nova e sono rimasto affascinato dal feeling della performance, dalle stesse imprecisioni presenti, dalla voglia di mettersi in gioco che spesso le band più anziane non hanno, dalla voglia di suonare black metal di queste poco più che ventenni. Credo sentiremo parlare a lungo di loro.
Torniamo un po’ indietro nel tempo, cambiamo continente e parliamo di un trio, quello delle giapponesi Gallhammer. Il loro secondo album “Ill Innocence” credo sia stato il mio primo disco di black metal interamente suonato da ragazze. Il lavoro fu pubblicato niente meno che da Peaceville nel 2007 e fu parecchio chiacchierato all’epoca. Sono passati quindici anni e le Gallhammer erano già attive dal 2003. Puro pionerismo.
Non so se siano arrivate prima le vicende personali o il richiamo del black metal, ma Vivian Slaughter (basso e voce) nel 2010 si è addirittura trasferita a vivere in Norvegia ed oggi è la moglie di Maniac (ex cantante dei Mayhem). Insomma, black metal come missione di vita per Vivian che, accompagnata da Risa Reaper (batteria e voce) e Mika Penetrator (chitarra e voce) ha sfornato tre dischi di metallo nero molto primitivo, marcio al limite dello sludge, cadenzato e saturo di feedback. Una lettura personale con venature che spaziano dal doom, al crust punk fino al noise rock, ma sostanzialmente ispirato alla seconda ondata del black metal norvegese. I Bathory che incontrano i Sonic Youth per provare a dirla in breve.
Il gruppo è diventato un duo nel 2010, per la fuoriuscita di Mika, e, allo stato attuale si definisce “in pausa”. Quello che sappiamo di certo è che Vivian continua la sua carriera di molestatrice musicale con il progetto solista noise drone Viviankrist, la cui ultima fatica uscita lo scorso anno su Taxi Driver Records è intitolata “Korrumpert Integritet“. (lo potete ascoltare qui)
Tra le novità più recenti invece ha fatto scalpore l’uscita di “Godslastering: Hymns Of A Forlorn Peasantry“, album di esordio della one woman band Hulder pubblicato nel 2021 da Iron Bonehead e accreditato tra le migliori uscite dell’anno. Marliese Beeuwsaert è una polistrumentista belga trasferitasi in Oregon e da laggiù ha avviato la sua crociata black metal con una lunga serie di demo, singoli e partecipazioni a compilation culminata appunto con il full lenght dello scorso anno. Tra folklore medievale e racconti di torture varie, Hulder ci accompagna per quaranta minuti di black metal che pesca a piene mani da band come Satyricon e Dimmu Borgir dei primi capolavori. Zero sperimentazione insomma, ma tanti riff glaciali, tante melodie oscure, tastiere gotiche classiche che più classiche non si può e una voce veramente impressionante, con un timbro oscuro e personale.
Torniamo di nuovo indietro di qualche anno, ma non troppo, giusto sino al 2014 quando Relapse pubblicò il primo omonimo Ep di Myrkur aka, Amelie Bruun. Questo lavoro e il full lenght “M” dell’anno successivo sono state le prime opere di black metal interamente concepito e suonato da una donna ad ottenere un discreto successo di critica e pubblico finendo con il far parlare di sè anche per motivi extra musicali. Il passato da musicista electro pop, evidentemente poco true, il suo essere donna, il fatto di pubblicare per un’etichetta importante sono tutti aspetti che hanno solleticato il palato fine dei black metallari più intransigenti che sono arrivati a minacciare di morte l’artista danese.
Eppure le capacità di Myrkur sono innegabili: su tutte una voce versatile e angelica capace di donare grazia ai momenti più intimi e acustici, ma anche convincente nelle sue parti in scream; riff semplici, come la struttura ritmica dei brani, ma molto musicali ed una sonorità che ricorda il blackgaze dei francesi Alcest. Non è certo la versione violenta e malvagia del black metal quella che sentirete ascoltando Myrkur, ma quella onirica e connessa agli spiriti della natura.
“Mareridt” del 2017 è invece un disco di folk oscuro alla Chelsea Wolfe che infatti è ospite su un brano mentre “Folkesange” del 2020 è uno splendido affresco acustico; ormai il black metal fa capolino solo ogni tanto per cui se vi interessa solo quello, fermatevi alle prime due opere anche se artisticamente il meglio di Myrkur è probabilmente venuto dopo.
E’ l’Olanda la terra più ricca di black metallare? A sentire Doodswens e Asagraum forse sì. Dopo avervi presentato le prime, ecco il giovane quartetto che ha già all’attivo due album: “Potestas Magicum Diaboli” del 2017 e “Dawn Of Infinite Fire” uscito per Edged Circle Productions nel 2019, finito anche nella nostra classifica di fine anno (disponibile a questo link). Le Asagraum vanno dritte al punto e non cercano nè contaminazioni, nè trascendenza, vogliono solo picchiare forte, infilare riff satanici uno via l’altro in un mix di Immortal, Inquisition, Tsjuder e ovviamente Darkened Nocturn Slaughtercult, band tedesca capitanata dalla front woman Onielar. Cercate le Asagraum sui palchi dei festival quando riprenderanno e non ve ne pentirete.
Torniamo nel nord ovest degli Stati Uniti dove è al lavoro un’altra one woman band dal nome Vouna, la cui anima è Yianna Brekris che si avvale di una band vera e propria per le uscite dal vivo; i due album fin qui pubblicati sono però frutto esclusivo della sua mente, due massicci monoliti dove un black metal atmosferico in stile Wolves In The Throne Room incontra un doom funereo in un mix che ricorda gli Agalloch. I brani sono lenti, tortuosi e massicci e la voce di Yianna vira dal cantato pulito, angelico ad un ruggito possente.
Viste le coordinate stilistiche, l’ultimo “Atropos” del 2021 è naturale che sia uscito per Profound Lore, dopo che era stata la label stessa dei WITTR (Artemisia) a lanciare l’artista con l’omonimo debutto del 2018.
Se andiamo alla ricerca delle pionere del black metal, non possiamo non citare Maria Koloukuri (aka Tristessa) e le Astarte; la polistrumentista greca, morta in giovane età nel 2014, pubblicò nel 1998 “Doomed Dark Years” in una formazione a tre con Kinthia e Nemesis. Inizialmente pubblicato da Black Lotus Records, l’album è stato ristampato molte volte nel corso degli anni ed è facilmente reperibile. E’ bene dire che l’esordio delle greche suona piuttosto grezzo e acerbo, ma non manca di idee affascinanti ed è comunque pregno di quell’atmosfera unica del black metal di quegli anni. Le Astarte si lanciano in lunghe composizioni, registrate alla buona, denotando ambizione e intraprendenza. Oltre a cercare lugubri passaggi di tastiere e classici arpeggi in chorus, le nostre non si tiravano certo indietro se si trattava di pestare forte, di gridare al cielo le proprie liriche (convince la prova di Kinthia alla voce) o di tritare riff zanzarosi che profumano di “Transilvanian Hunger“; basta guardare la copertina del disco per capire quale fosse la stella polare della band. Il disco è forse più importante dal punto di vista storico che per i suoi contenuti in quanto all’epoca le figure femminili legate attivamente alla scena black metal si contavano veramente sulle punta delle dita, figuriamoci una all female band, fondata addirittura nel 1995 con l’iniziale nome di Lloth.
Il trio ha poi confezionato altri tre album con la stessa line up senza discostarsi stilisticamente dall’esordio, pur acquisendo via via maggior cura per i suoni e le registrazioni poi con gli ultimi due lavori, usciti per Avantgarde, oltre ad un cambio di line up, che vede passare Tristessa alla voce, si assiste anche ad una virata stilistica verso un blackened death metal più moderno e melodico come in “Demonized” del 2007, epitaffio della band.
Avete mai sentito parlare delle Feminazgûl? Cominciamo con il dire che il nome di questa band americana deriva dalla crasi tra il termine feminazi (femminista integralista) e nazgul creatura dell’immaginario del Signore degli Anelli. Le tre ragazze del North Carolina mischiano antifascismo, femminismo e Tolkien in un mix finale piuttosto sperimentale grazie anche all’inserimento di theremin, fisarmonica, piano e violini. Partito come progetto della sola transgender Margaret Killjoy con il primo Ep “The Age Of Men Is Over“, è poi diventato una band vera e propria ed è arrivato al primo, e fin qui unico, full lenght, dal titolo sempre esplicativo di “No Dawn For Men“, uscito su Tridroid Records nel 2020. In questo debutto il black metal cascadico dei Wolves In The Throne Room intreccia quello dall’andamento lento e doloroso dei Summoning con in mezzo tanta farina del sacco delle Feminazgûl.
Nel 2021 è stato pubblicato il singolo “A Mallacht” che mostra un gruppo che, ancora una volta, non si accontenta di fare il compitino ma cerca una propria via: ritmiche spezzate, un intreccio di voci, pulite e urlate, a recitare nenie, chitarre abrasive e follie varie per un’atmosfera generale cinematrografica ed inquietante ed un ascolto tutt’altro che noioso.
Nel preparare questa piccola guida, è spuntato anche un nome italiano, quello di Marzia Luigini, batterista bolognese, attiva in numerosi progetti, ma di cui parleremo per via della sua one woman band Marthe. Cacciarla di forza dentro al black metal non me la sento, lei stessa definisce il suo progetto heavy doom o con un neologismo meraviglioso valkyrian metal; io, nel mio piccolo, ci ho sentito tantissime influenze anni 80, comprese quel proto black metal alla Bathory, ripreso con grande maestria dagli ultimi lavori dei Darkthrone.
L’unico lavoro fin qui pubblicato è il mini “Sister Of Darkness“, nato come autoproduzione in vinile, ma ristampato poi da Exabrupto Records in formato cd e da Caligari Records in cassetta. Quattro tracce, una migliore dell’altra, con una spruzzatina di psichedelia che mi ha fatto venire in mente gli Uncle Acid And The Deadbeats. Nota veramente di merito per la registrazione, che seppur casalinga, riesce a far trapelare il grande feeling spontaneo dei pezzi e l’ottimo gusto ritmico di Marzia. Speriamo di avere presto sue notizie.
Proprio in questi giorni Marthe ha deciso di pubblicare anche il suo primo video per il brano “Sister Of Darkness“.
Se invece il vostro massimo sono i cappi al collo e il filone depressive, troverete di che deprimervi in Being Alive Is Beautiful, progetto solista di Christina Earlymorn, bassista (ma non solo) tedesca che nel 2017 è partita con l’Ep “Schutt Und Asche” in cui i canoni del genere erano ben delineati grazie a riff ripetitivi, voce ridotta ad un urlo gracchiante nelle retrovie, andamento lento e doloroso e produzione lo-fi; sono successivamente usciti due full lenght,”Unfrieden” nel 2019 e “Frieden” nel 2020, in cui Christina ha deciso di pestare un po’ di più e di rendere più baldanzosa e originale la propria proposta, grazie ad un basso iperdistorto e metallico che traina i brani, pur mantenendo la vena doom di cui la sua musica è intrisa.
L’ultimo capitolo di questa storia è radicato in un passato ormai lontano; era il 1995 quando vide la luce, grazie a Cold Meat Industry, l’oscurissimo “Hexerei im Zwielicht der Finsternis” delle Aghast. Non è black metal, ma tetrissimo e pauroso dark ambient, con cui d’altra parte il black metal ha sempre flirtato da molto vicino. Girovagando sul web, mi sono imbattuto nel seguente commento: “questo è il disco più spaventoso mai pubblicato” e non siamo distanti dalla realtà. Menti del progetto erano Andrea Haugen e Tania Stene. La prima, moglie di Samoth degli Emperor, finì sull’iconica copertina del decimo numero della fanzine Slayer ed è purtroppo, recentemente, salita agli onori della cronaca per la sua tragica scomparsa, vittima di un attacco terroristico nello scorso ottobre, mentre la seconda è nota soprattutto per i suoi lavori di copertina e di fotografa per molti artisti del metallo nero come Burzum e Ulver, per citarne due.
Le due confezionarono un disco che sembra registrato in una casa infestata. Lugubri voci recitano nenie e si lamentano nel buio, accompagnate da un’elettronica tanto minimale quanto suggestiva. Se c’e’ mai stato un tentativo di dare voce alle anime dannate, questo è il più riuscito. Le due streghe irretiscono l’ascoltatore, lo spaventano, si divertono, forse ad un certo punto chiedono aiuto, lo dannano per l’eternità. Per 35 minuti avrete una porta aperta su un altro mondo, su un’altra dimensione.
Questo lavoro imperdibile è stato più volte ristampato in vari formati, da varie label e rimane una gemma oscura da custodire gelosamente e tramandare ai posteri.
Francesco Traverso ha pubblicato di recente un articolo sul black metal cosmico nella fanzine Up, che trovate qui su www.flamingorecords.it