Sunn O))), guida essenziale per distinguere i dischi
Non sapete distinguere un disco dei Sunn O))) dall’altro? Credete che sia solo rumore? Pensate che il drone metal sia un giocattolo per i vostri bimbi? Dopo aver sviscerato la carriera di Greg Anderson a partire dai gruppi hardcore adolescenziali ai giorni nostri, questo articolo si focalizza sul suo progetto più importante e duraturo: Sunn O))) (pronunciato senza le parentesi, come “sole”).
La band nacque nel 1998 come tributo agli Earth del secondo disco e dei Melvins di Lysol, due album che per primi sperimentano con il droning con le chitarre ipersature. I due dischi in questione furono amati dai una piccola legione di scriteriati e odiati dal resto del mondo. L’approccio “punk” e il suono da Black Sabbath ad un quarto della velocità misero i primi mattoni per la costruzione del drone metal, di cui i Sunn O))) sono gli inventori.
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Greg Anderson e Stephen O’Malley collaborarono per la prima volta nei Thorr’s Hammer, artefici di un doom/death luciferino, e nei primi vagiti dei Burning Witch. Dopo l’esperienza di Greg nei Goatsnake si ritrovarono a jammare su riff ripetitivi, ipersaturi e suonati a volume indicibile. Solo chitarra e basso, senza batteria, voci o synth. L’unico ospite presente era G. Stuart Dahlquist dei Burning Witch. Il risultato di quelle prove fu una serie di brani raccolti nei “Grimmrobe Demos“, pubblicato in CD da Hydra Head nel 2000.
Il disco è il tentativo di riprendere il discorso lasciato in sospeso da “Earth2”, tanto che l’ultima composizione si intitola “Dylan Carlson” dal nome del leggendario chitarrista della band, e ispirato al brano “Ouroborous Is Broken”. Anche il curioso nome Sunn O))) viene rubato dal disco degli Earth “Sunn Amps And Smashed Guitars Live“. Nella prima versione del disco, confezionata in una borsina di plastica nera con il logo serigrafato in vari colori, viene descritto il sound del gruppo come “Doom Power Ambient Drone Invokation”.
La critica non accolse benissimo questa “non musica” e il pubblico ignorò quasi completamente il progetto. Furono “venduti” ad un pubblico doom, ma erano troppo “avantgarde” per chi divorava Cathedral ed Electric Wizard.
Il primo album vero e proprio arrivò poco dopo e venne intitolato “00 Void” (2000), coproduzione fra Hydra Head (mercato USA) e Rise Above (Europa) con ospite Pete Stahl (cantante dei Goatsnake) e Petra Haden (violinista e cantante con decine di collaborazioni prestigiose in curriculum). La formula è sempre la stessa, sebbene il riffing sia piuttosto insistente e meno “drone oriented”. Nei quattro brani di durata media 15 minuti troviamo “Rabbit’s Revenge” cover di un oscuro brano dei Melvins. Un disco essenziale, prodotto dal guru delle basse vibrazioni Scott Reeder (ex bassista dei Kyuss) e che va gustato con orecchie attente alle sfumature nascoste sotto la lava sonora o lasciandosi andare in un dormiveglia. Nel 2011 è stato remixato da Nurse With Wound e pubblicato con il nome “The Iron Soul Of Nothing“.
Se per molti la musica dei Sunn O))) è una gigantesca presa in giro, per Anderson e O’Malley è un modo per ricercare e sperimentare attraverso il drone-metal. Dopo “00 Void” e “Grimmrobe Demos”, nei fatti gli unici dischi puramente alla “Earth2” presenti in discografia, il duo iniziò a collaborare con un ricco campionario di artisti. Il primo è forse il più ovvio: il prezzemolino giapponese Merzbow, che mette lo zampino in “O)))Bow”, contenuta nel terzo album “3: Flight Of The Behemoth”. Come prassi il disco parte con l’evocazione del riff drone metal definitivo per poi svisare in terreni più sperimentali. In questo caso il rumorista Masami Akita ci infila un po’ di follia e rumorazzi in alta frequenza rendendo l’ascolto un po’ meno rilassante del solito. La finale “F.W.T.B.T.” è una cover criptata di “From Whom The Bell Tolls” dei Metallica ed è la prima registrazione in assoluto del duo. Ovviamente irriconoscibile e sottotitolata con grande classe “I Dream Of Lars Ulrich Being Thrown The Bus Window Instead Of My Master Mystikall Kliff Burton”.
Con “White1” (2003) si smarcano dalla nicchia doom e provano ad entrare nel salotto buono degli sperimentatori portandosi dietro il druido psichedelico Julian Cope, Rex Ritter dei Jessamine, Joe Preston (Melvins/High On Fire) e ripescando l’inquietante Runhild Gammelsæter, leggendaria cantante del progetto one-spot Thorr’s Hammer. Tre brani: “My Wall”, che vede salmodiare Julian Cope per 25 minuti più gli altri due con Runhild da più di 15 minuti cadauno. Mentre con Cope i Sunn O))) si mettono un pochino in disparte con Runhild tirano fuori le unghie, anticipando i futuri dischi con Attila. “White1” è un tentativo di fare qualcos’altro, senza pienamente riuscirci. Troppa attenzione sulle voci forzò la band a dare una pseudo struttura ai brani, senza che se ne sentisse lo scopo.
Dalle stesse sessions con Rex Ritter la band estrapolò “White2” (2004) che smarca le tendenze “arty” del precedente e segna un ritorno alle origini con brani di drone-metal soffocante: la specialità della band.
“HELL-O)))-WEEN” riprende il caro vecchio sound degli Earth primitivi, “BassAliens” è più intimista e quasi post-rock (un grande amore di Anderson), la conclusiva “Decay2 [Nihil’s Maw]” vede l’esordio alla voce di Attila Csihar (Tormentor, Mayhem) in un brano che è una lenta discesa negli inferi e funge da ponte per il successivo “Black One”. Se “White1” è considerabile un mezzo passo falso, il secondo capitolo risolve ogni dubbio e permette a Anderson e O’Malley di sperimentare senza perdere il fascino oscuro. Nell’artwork appare per la prima volta il motto “Maximum Volume Yields Maximum Results”: suonare a tutto volume le loro incisioni è un dovere morale!
Dopo i dischi bianchi, i Sunn O))) tributano il caro vecchio black metal con “Black One” (2005) chiamando nel gruppo Wrest (Leviathan) e Malefic (Xasthur). Non solo: in scaletta troviamo la cover di “Cursed Realms (Of the Winterdemons)” degli Immortal, una citazione dei Bathory “Báthory Erzsébet” e un testo di Dead (“CandleGoat”). E’ il disco più malvagio della band e proprio per questo uno dei loro apici sonori. Un perfetto mix di doom e black metal.
A metà anni 2000 il drone-metal divenne un vero e proprio genere riconosciuto da critici e ascoltatori grazie anche al lavoro di band come Khanate, Teeths Of Lions Rule The Divine, Nadja, Jesu, Ufomammut che includevano dronacci violenti nei momenti introspettivi atemporali.
Ma una band arrivò prima di tutti, persino di Anderson e O’Malley: i giapponesi Boris, il cui nome è ispirato proprio ad un brano ossessivo dei Melvins. A metà anni 90 partorirono i massicci “Absolutego” e “Amplifier Worship”, dischi che non dovrebbero mancare nella collezione degli amanti delle distorsioni grasse. Nel 2006 i due pesi massimi del genere si chiusero allo Studio Litho di Stone Gossard (Pearl Jam) e registrarono “Altar”, aiutati da Jesse Sykes e la sua band, Adrienne Davies (Earth), Tos Nieuwenhuizen (God, Beaver), Randall Dunn, Joe Preston, Steve Moore (Zombi), Troy Swanson (Asva), Kim Thayil (Soundgarden). Più che un disco è un’esperienza sonora, non solo fatto di drone metal ma anche di atmosfere rarefatte e oniriche. Uno degli apici di entrambe le band. Da avere anche se non amate il genere.
Nella discografia dei Sunn O))) esistono parecchi live ma, per quanto siano tutti interessanti, solo uno è considerabile alla pari di un disco vero e proprio: “Dømkirke” (2008), registrato presso la cattedrale di Bergen in Norvegia durante il Borealis Festival sfruttando la presenza di un gigantesco organo e del magnetismo vocale di Attila, qui al suo esordio sulla lunga distanza dopo l’ospitata in “White 2” e nel mini dal vivo “Oracle”. Da segnalare l’inquietante artwork a cura di Tania Stene, ex moglie di Fenriz, con in curriculum collaborazioni con Ulver e Burzum. “Dømkirke” è raggelante e magnetico, e per molti versi in anticipo sui tempi nel suo mettere in comunicazione l’arte “alta” con il black metal e lo sludge, due generi invisi dalla critica per la loro attitudine ignorante e metallara .
Mettere in comunicazione due mondi agli antipodi è l’obiettivo di “Monoliths & Dimensions” (2009), disco che segna il definitivo riconoscimento dell’arte dei Sunn O))) da parte di critica e pubblico. Clarinetto, contrabbasso, viola, violino, corni, tromboni, organo, arpa, cori angelici vengono inseriti tra le pieghe dei bordoni e della magnetica voce di Attila in un disco che si avvicina a certo jazz spirituale (Alice è dedicata ad Alice Coltrane) allontanandosi dai classici stilemi del drone metal. “Monoliths & Dimensions” è una vera e propria esperienza sonora cinematografica, uno score di un film immaginario. Chiudete gli occhi e fatevi inebriare.
Per anni Ulver e Sunn O))) si sono dati una mano in modo più o meno trasparente. Gli Ulver produssero un brano di “White1”, Kristoffer Rygg e Daniel O’Sullivan realizzarono cinque album a nome Æthenor con Stephen O’Malley. E sono sparsi qua e là segni di reciproca intesa. “Terrestrials” (2014) è il frutto di una session improvvisativa in Norvegia, figlia di un trip psichedelico più che di violenza dronica. E’ musica da relax cosmico con un vago sapore epico. Unico difetto la breve durata: poco sopra i 30 minuti.
Durante le sessions di “Monoliths & Dimensions” Anderson e O’Malley chiesero al cantautore Scott Walker di inserire la voce in un brano, Walker declinò l’invito ma alcuni anni dopo reclutò la band per la produzione di “Soused” (2014), ultimo disco prima della morte avvenuta nel 2019. Scott è conosciuto, oltre agli spensierati hit giovanili, per i suoi dischi della maturità ricolmi di dolore e sofferenza (“Tilt”, “The Drift”): “Soused” non fa eccezione. I Sunn O))) partecipano con droni, Scott ci mette il songwriting e la voce lirica. L’insieme è inquietante e disturbante. Non un ascolto da tutti i giorni ma un disco di un artista con la “A” maiuscola.
C’era parecchia curiosità per il settimo album in studio “Kannon” (2015): band rodata da numerosi live, nuove idee sviluppate con musicisti di alto livello, un pubblico di affezionati numeroso e la critica definitivamente conquistata. Proprio per questo i Sunn O))) inciampano in un classico caso di ansia da prestazione. “Kannon” non è un brutto lavoro ma nulla aggiunge e nulla toglie allo status della band. “Kannon” è la summa del suono Sunn O))), privo di orpelli e variazioni sul tema ed è il disco più simile al menu proposto durante i concerti. “Kannon” è 100% drone metal. Prendere o lasciare.
Il lungo silenzio discografico testimonia come Anderson e O’Malley fossero arrivati con “Kannon” ad un punto morto. Occorreva l’idea che riaccendesse il sacro fuoco dell’ispirazione, e quest’idea arrivò sotto forma di Steve Albini. La presa diretta e la registrazione analogica costrinsero la band ad andare in studio con le idee chiare: non erano permessi tagli ed editing. Dovete sapere, infatti, che i dischi della band sono ottenuti con enormi lavori di copia e incolla. In cambio Steve avrebbe finalmente reso giustizia al suono gigantesco sprigionato dal duo. Arrivati a questo punto Greg e Stephen ritrovarono l’entusiasmo e, per evitare l’errore di “Kannon”, decisero di chiamare una musicista eccezionale: Hildur Guðnadóttir, qui al violoncello. Dopo la collaborazione con i Sunn O))), Hildur curerà la colonna sonora di Chernobyl e vincerà l’oscar per quella di Jocker, non proprio una musicista improvvisata.
Il risultato è “Life Metal” (2019) e la differenza si sente, eccome se si sente. La band non gira a vuoto, ha uno scopo ben preciso in testa e le composizioni sono le più belle mai incise dal gruppo. E il suono che esce fuori dalle casse è chiaro, limpido, opprimente e sconquassante. Solitamente si tende a non consigliare l’ultimo disco pubblicato da una band per farsi un’idea ma “Life Metal” è un’eccezione. Se siete completamente a digiuno partite tranquillamente da qui e andate a ritroso: buon viaggio!
Dalle sessions di “Life Metal” viene estrapolato un altro disco intitolato “Pyroclasts” (2019), registrato durante le prove del disco principale. Benchè musicalmente non aggiunga niente al precedente è un piacere poter ascoltare ancora una volta la band in questo assetto.
Ovviamente dalla lista sono stati esclusi dischi di remix, live, split e collaborazioni. Il mondo di Anderson e O’Malley è ricco e non privo di sorprese. Se passerete indenni la prova dei dischi ufficiali avete ancora un mondo sotteraneo da esplorare.
CONCLUSIONI:
Difficile stabilire un prossimo passo della band. “Life Metal” suona come un traguardo dopo 20 anni di attività e dopo che la formula “drone metal” è stata sviscerata dal duo in ogni modo possibile. Per certi versi la band è tornata al minimalismo/massimale iniziale dopo parecchi dischi collaborativi. E’ la collaborazione il sale del duo? Sicuramente è parte essenziale del progetto. Chissà chi saranno i prossimi ad entrare nelle tuniche nere.
Questi sono i 10 dischi consigliati, in ordine di accessibilità e qualità della proposta. I primi cinque andrebbero posseduti anche dai non amanti del genere. Gli altri ascoltati dopo aver tastato il terreno.
1 Monoliths And Dimensions
2 Altar (con Boris)
3 Black One
4 Life Metal
5 Domkirke
6 The GrimmRobe Demos
7 White2
8 Terrestrials (con Ulver)
9 Soused (con Scott Walker)
10 00 Void