Il decennio si chiude con un’annata molto ricca di uscite di alto livello in ambito black metal sia sul fronte più classico e old school che su quello più moderno e sperimentale. Rispetto alle precedenti classifiche, trovare i venti dischi giusti per riassumere i dodici mesi appena trascorsi non è stato semplice, ma l’idea di fondo è sempre quella di trovare l’adeguato compromesso tra band che hanno fatto la storia del genere e sono ancora in grande forma e realtà più giovani che potrebbero avere un futuro luminoso davanti, oltre a cercare di toccare il maggior numero possibile di sfumature di un genere che oggi, ma forse sin dalla sua nascita, ne presenta veramente tante.
1 . MGLA – Age Of Excuse (Northern Heritage)
Ad oggi non credo esista band in ambito black metal più in forma dei polacchi. Autori del disco del decennio (“Exercise In Futility”) non hanno tradito le attese con questo “Age Of Excuse“. La formula non cambia molto: drumming sontuoso e assoluto protagonista grazie ad una dinamicità unica, riff a cavallo tra la melodia oscura e il mantra ipnotico, voce perfettamente calata nel contesto che lascia spesso spazio alle lunghe cavalcate a cui i nostri ci hanno abituato. Dal vivo sono una forza della natura, su disco hanno dei suoni ed una produzione che esaltano la loro musica, i MGLA hanno portato nuova linfa a tutto il movimento black metal che si appresta ad entrare nel nuovo decennio in forma smagliante.
2. Deathspell Omega – The Furnaces Of Palingenesia (NoEvDia)
Se volete invertire i primi due posti fate pure, ci sta eccome. Dovendo fare una scelta sono andato sul mero gusto personale, ma qui siamo di fronte all’ennesimo capitolo imperdibile della discografia di una delle band più importanti e avanguardistiche della scena estrema degli ultimi venti anni. “The Furnaces Of Palingensia“, registrato in presa diretta stando a quanto riportato dalla band stessa, presenta un approccio un po’ più asciutto alla scrittura. Rimangono le ritmiche indemoniate, i riff dissonanti, il vocione di Mikko Aspa a declamare rime punitive per l’ascoltatore, ma le trame chitarristiche sono un po’ meno contorte rispetto al passato. Una manciata di pezzi entra nel top della loro discografia, su tutti “The Fires Of Frustation” dove la furia della band si scatena centrando perfettamente il bersaglio.
3. Darkthrone – Old Star (Peaceville Records)
Ha senso un disco dei Darkthone nel 2019? Per alcuni probabilmente no: troppo facile trattare bene un album con un logo così importante in copertina, l’effetto nostalgia è dietro l’angolo e forse siamo davanti ad un disco più heavy che black metal. Eppure una volta inserito “Old Star” nel lettore o, se preferite, dopo averlo appoggiato sul piatto, sarà difficile sostituirlo: i sei lunghi brani sono tutti basati su riff semplici, ma azzeccatissimi e suonati con il feeling di chi ama questa musica visceralmente e ne ha fatto la propria ragione di vita. La band continua l’operazione tributo all’epoca più gloriosa della musica pesante (gli anni 80) iniziato con il precedente e altrettanto bello “Arctic Thunder”: riff tipicamente ottantiani al servizio di canzoni che si infilano nella testa e difficilmente lasceranno indifferenti. Anzi, viene la voglia di stapparsi una birra, aprire le finestre, fare entrare il freddo e sparare questi brani a tutto volume.
4. Sinmara – Hvísl Stjarnanna (Van Records)
Anche per quest’anno si registrano grandi gioie provenienti dalla lontana Islanda, la cui scena black metal è ormai realtà riconosciuta da tutti, fan e addetti ai lavori (noi abbiamo provato a raccontarvela qui). I Sinmara vedono coinvolti membri attivi in altri progetti dell’isola (Svartidaudi, Almyrkvi, Wormlust) e avevano debuttato nel 2014 con l’acclamato “Aphotic Womb”. La formula della band rimane un black metal con influenze death soprattutto nel lavoro delle chitarre; lunghi brani articolati, ma senza perdersi in eccessive alchimie, con sprazzi melodici, ripartenze epiche e devastanti che mettono più volte i brividi durante l’ascolto. Non troppo melodico, non troppo caotico, un disco da assaporare per tutto l’inverno e oltre.
5. Blut Aus Nord – Hallucinogen (DebemurMorti)
Si può fare centro cambiando, quasi ad ogni disco, il proprio modo si proporre musica? In pochissimi ce la fanno e i Blut Aus Nord sono tra questi. Abbandonate le atmosfere noise/industrial del precedente “Deus Salutis Meae”, ci ritroviamo immersi in un clima etereo e psichedelico. Come si evince facilmente dal titolo, la band decide di condurci in un lungo trip allucinato, il cui andamento non sarà quasi mai particolarmente aggressivo, a favore di aperture atmosferiche e melodiche dove le voci (il tipico cantato black incontra spesso una voce salmodiante) rimangono sempre abbastanza defilate rispetto alle lunghe parti strumentali. I francesi toccano i limbi del post rock, della psichedelia progressive eppure ci ribaltano comunque dalla sedia con la loro furia black metal come accade nel brano “Haallucinählia”. Siamo di fronte all’ennesimo disco coraggioso dei Blut Aus Nord che da sempre se ne fregano di tutto e tutti continuando la loro personale strada nel mondo del metallo nero.
6. Mylingar – Döda Själa (Amor Fati)
I Profanatica vanno in Islanda e registrano un disco. Questo mi aspetterei di trovare scritto sulla copertina di “Döda Själa” un disco che spazza via la grande maggioranza delle uscite contemporanee grazie ad una ferocia e ad una possanza notevoli. Rozzezza, distorsione a livelli inumani, blast beat furibondo (ma la batteria non fa solo quello), riff dissonanti e schizoidi. Black metal e death metal si incontrano nelle loro forme più primordiali e ne esce un disco entusiasmante dove sentiamo una voce di una cattiveria come non se ne sentiva da tempo. Dove passano i Mylingar, band svedese, di cui si sa poco o nulla, non cresce più nulla. E siamo solo al secondo album. Speriamo di vederli presto dal vivo.
7. Nasheim – Jord Och Aska (Northern Silence)
Il secondo lavoro di Nasheim ha tutti gli ingredienti del black metal pagano con i classici passaggi folk acustici. Il livello di ispirazione di questi tre lunghi brani è alto malgrado il mastermind del progetto sia il solo Erik Grahn. Abbiamo per le mani una nuova splendida colonna sonora per una lunga passeggiata al tramonto, tra i boschi, d’inverno. La solitudine dell’esistenza umana e l’ineffabile durezza della natura a cui siamo comunque innegabilmente legati a doppia mandata sono i messaggi veicolati dalle note di questo disco. Per fare questo, Nasheim ci trascina tra lunghi arpeggi più o meno distorti (che ricordano anche alcune cose fuori dal genere vedi gli Earth) e qualche rara cavalcata che permette di sfogare la tensione accumulata durante lo svolgimento dei brani.
8. Árstíðir Lífsins – Saga á Tveim Tungum I: Vápn Ok Viðr (Van Records)
Torniamo in Islanda (anche se due terzi della band è tedesca) per il quarto album in carriera degli Arstidir Lifsins, un disco il cui punto di forza sono le atmosfere epiche costruite dal trio grazie anche all’utilizzo di strumenti adatti a ricreare le loro visioni pagane (archi, vibrafono, organo). Il lavoro è la prima parte di un’opera che verrà completata nel 2020 ed è molto vario e coinvolgente sia nelle parti più tirate (alcuni momenti sono davvero entusiasmanti), sia dove la band si lascia andare a passaggi più quieti e atmosferici, a volte acustici. Quasi sempre azzeccato l’intervento di cori salmodianti, una delle caratteristiche della band sin dagli inizi e ormai sdoganati al “grande” pubblico dai polacchi Batushka.
9. Drastus – La Croix De Sang (NoEvDia)
Se avete provato piacere con i Mylingar, allora anche l’assalto sonoro dei Drastus potrebbe fare al caso vostro. I francesi (in realtà una one man band), con il loro secondo album si mostrano leggermente più educati e meno distorti degli svedesi ma la ferocia d’esecuzione e la voglia di andare giù pesante si sentono eccome. Black metal costruito su riff mesmerizzanti usati come mazze sulla testa dell’ascoltatore per un risultato finale che ha come punti di riferimento MGLA (con meno pulizia d’esecuzione e nella produzione) e Deathspell Omega (con meno tecnica a disposizione). Bersaglio centrato.