L’Angolo Della Morte: le 10 uscite Death Metal più significative di Luglio-Agosto 2019
A cura di Apparizione79
Periodo estivo piuttosto interessante quello appena trascorso: sotto l’ombrellone abbiamo avuto la fortuna di poter ascoltare numerose uscite di spessore, tra le quali spiccano alcuni ritorni da parte di band antiche o di musicisti della prima ora all’interno di compagini di più moderna formazione.
Nel complesso luglio e agosto mi hanno impegnato, regalandomi tanta qualità da ascoltare, soprattutto mentre stavo stravaccato in spiaggia e, accanto a me, imperversava la più classica e calda delle estati italiane, con i suoi aperitivi sul mare, il vestiario discinto delle signore, le pelli abbronzate e arrossate dal sole.
A noi vecchi metallari ormai non importa più: dovunque viviamo ci frega poco, ci siamo adattati all’ambiente che ci circonda; possiamo ascoltare death e black metal anche sulla spiaggia con 35 gradi all’ombra.
E allora, anche in piena estate ecco la nostra lista di album death metal di luglio/agosto 2019.
1 . Sorcery – Necessary Excess Of Violence – Xtreem Music
Uscita ferragostana che non può passare inosservata: i Sorcery sono infatti una delle più antiche (se non la più antica) band death metal svedese della storia, fondata nel 1986 da un gruppo di ragazzini che vivevano nella campagna del paese scandinavo.
Il sodalizio ha prodotto un numero imprecisato di demo e rehersal tape, fino al varo del debutto del 1991, il mitico “BloodchillingTtales”: tuttavia, i nostri, invece di aggiungersi al novero delle più importanti band svedesi del periodo e proseguire nella loro produzione, hanno fatto perdere le loro tracce a metà dei nineties, restando silenti e improduttivi fino al 2013 quando sono tornati tra noi con l’eccellente “Arrival At Six”.
Il presente sforzo è il terzo lavoro dopo la reunion, a testimonianza del fatto che i Sorcery hanno nelle loro vene ancora tanto death metal da regalare agli appassionati nonostante la lunghissima parabola che contraddistingue la storia della band.
Il disco ci consegna i nostri in perfetta forma: il tipico riff swedish aggressivo e tagliente la fa da padrone, caratterizzando il sound e invitando l’ascoltatore all’headbanging.
La voce di Ola Malmstrom, fondatore e anima dei Sorcery, è vigorosa e intensa, la sezione ritmica varia e convinta e gli assoli sempre ispirati e rockettosi.
Tra le song che ho maggiormente gradito di sicuro la veloce e riffosa “I’ll be Gone In The Dark”, tipica canzone che rappresenta appieno le peculiarità dello swedish sound della prima ora e che ho trovato essere un pezzo davvero valido; a seguire la opening “The Stellar Circle” e l’ottima “Language Of The Conqueror”.
In sostanza un bellissimo disco di death metal svedese della prima ora, suonato da un gruppo che ha nel proprio pedigree la storia del genere: un genere che in Svezia, ai tempi, presentava caratteristiche maggiormente legate alla composizione veloce e diretta piuttosto che alla ricerca della melodia, come invece accadde nel periodo immediatamente successivo.
Queste band hanno rappresentato appieno quel movimento, oggi grande e riconosciuto da tutti, che allora muoveva i primi passi, un movimento fieramente underground e ancorato alla diffusione della propria musica all’interno della cerchia ristretta di coloro che si riconoscevano parte del movimento stesso.
I Sorcery sono stati tra i primi, forse i primi in assoluto, a suonare death metal in Scandinavia, anche se la storia ha reso famosi altri nomi, Dismember, Unleashed, Grave, Entombed e innumerevoli altri, lasciando questa band proveniente dalla cittadina di Sandviken nella penombra, nota soltanto tra coloro che ebbero la fortuna di ascoltare il loro album di esordio “Bloodchilling Tales”.
Oggi, la produttività dei nostri non può certo conservare l’importanza e la poesia pionieristica degli esordi; oggi, la luce del mondo è diversa da allora: il web e la facile diffusione dei prodotti a livello planetario hanno reso tutto troppo facile e colorato, allora la Svezia era un luogo dove l’inverno era davvero lungo e buio, o almeno così ce lo immaginavamo noi che non ci eravamo mai stati; prima del web, la mia curiosità su luoghi lontani era soddisfatta soltanto da qualche illustrazione che mi capitava di vedere in qualche libro o rivista: il mondo aveva dei colori suoi in ogni luogo, così come la musica aveva delle note che la caratterizzavano a livello di provenienza geografica.
Il movimento swedish per noi era realmente oscuro e lontano e band come i Sorcery, rimaste per sempre a popolarne l’underground, hanno avuto il merito di dare linfa e seguito a quella musica che stava nascendo prima che trovasse la sua consacrazione e diffusione internazionale.
La produzione odierna dei Sorcery è quindi un tributo, doveroso e musicalmente apprezzabilissimo, a quel periodo ormai passato da tanto tempo, il periodo nel quale la band ha mosso i suoi primi passi produttivi; tutto ciò in un mondo scomparso e sostituito da un altro, più facile e comodo, ma meno intenso, meno poetico e nel quale è più difficile sognare.
2 . Disowning – Human Cattle – Xenokorp
Supergruppo franco-canadese che esordisce con il qui presente disco decidendo di suonare un classicissimo death metal d’assalto dagli arrangiamenti nitidi e indovinati e dalla linea compositiva diretta e di alto livello.
I nostri ci sanno fare, sono musicisti di spessore e sono in giro da tempo: ne viene fuori un lavoro in cui le chitarre non fanno prigionieri e disegnano una serie vorticosa di riff aggressivi e sparati sulla faccia di chi ascolta in perfetto stile americano primi nineties.
La forza del disco sta nella sua netta determinazione: non troverete nulla di strano qui dentro, ma soltanto del classico e potente death metal.
La vena europea trova la sua ispirazione in band veloci e tirate tipo i Bloodbath, anche se i Disowning sono meno scontati, hanno un riffing decisamente più vario.
I blast beat della batteria rendono il sound davvero duro e stampato sulla faccia, la voce gutturale e potente completa il tutto all’insegna della violenza impattante.
I ragazzi coinvolti nella band hanno saputo creare un tappeto sonoro di purissimo death metal, suonato con dedizione e precisione assolute, caratteristiche che rendono l’album nel suo complesso riuscitissimo.
Non mi stancherò mai di ascoltare questo genere di death metal, sparato, violento, aggressivo: è il tipo di death metal che prediligo, ritengo sia la reale e autentica espressione del genere.
Tra i pezzi migliori di un disco davvero eccellente metterei “The Stom Before The Storm”, “Ghost Area” e “The Servants Of Chaos”: ma sono gusti, tutto il disco va ascoltato e apprezzato.
In conclusione, complimenti a questa band esordiente per aver sapto comporre e suonare un disco di validissimo death metal d’assalto, degno di stare accanto ad altri lavori di genere varati, in un passato lontano o magari più vicino a noi, da altri e più importanti gruppi di genere.
3 . Entombed AD – Bowels Of Earth – Century Media Records
Lars Goran Petrov (noto come LG Petrov), non ne deve avere abbastanza di death metal: dopo essere uscito un paio di mesi fa con i Firespawn, band nella quale rievoca in maniera pedissequa quanto fatto con i suoi Entombed ai tempi di “Left Hand Path”, “Clandestine” e “Wolverine Blues”, eccolo mettersi nuovamente dietro al microfono per donare la sua vociona al nuovo disco degli Entombed AD, creatura generata dalle ceneri dell’originario storico sodalizio svedese che ha avuto LG tra i suoi pionieristici protagonisti.
Forse anche per gettare alle spalle le vicissitudini legali con gli altri membri della band che hanno determinato la chiusura dell’esperienza Entombed, LG ha deciso che il death n’roll della seconda parte della parabola della sua band primordiale avrebbe dovuto rivivere, classico e diretto, nelle note degli AD. Ne viene fuori un disco dall’eccellente potenza che è diretto discendente di “To Ride, Shoot Straight And Speak The Truth”, per ritmica, atmosfera, riffing e complessivo risultato.
LG ci sa fare e non potrebbe essere altrimenti: il lavoro viene vomitato sul mondo seguendo la ricetta di allora, con l’unica differenza che dopo più di 20 anni le certezze sono aumentate di parecchio.
La prima parte del disco risulta particolarmente convincente, con una sezione ritmica potentissima e una riffosità strasperimentata che rende ogni pezzo rude e tagliente; siamo davanti ad un lavoro death n’roll in tutto e per tutto, anche nella durata dei pezzi che non sono mai troppo lunghi (per complessivi 35 minuti).
La seconda parte dell’album è un pò più scontata, la composizione fin troppo asciutta e diretta finisce per risultare un pò troppo monocorde.
Comunque, in conclusione, il lavoro è per me totalmente soddisfacente, soprattutto in pezzi come “Fit For A King”, “Elimination” e la title track: mi sembra che LG abbia voluto essere una specie di messaggero del death n’roll composto dalla sua band anni fa, abbia voluto testimoniare che gli appassionati hanno potuto conoscere la musica degli Entombed soprattutto grazie a lui, alle sue idee e alla sua passione.
Sono cose che a noi vecchi deathmetaller interessano.
Durante le mie ferie estive stavo camminando con le cuffie nelle orecchie per le strade di una cittadina turistica del nord Europa: ad un tavolino di un caffè era seduta una coppia di gente della mia età, lui indossava la maglietta di “Clandestine”; senza rendermene conto, devo aver fissato la maglietta e poi aver distolto lo sguardo dopo aver compreso a quale band e a quale disco faceva riferimento; mi sono accorto che il tipo mi stava guardando bonariamente: aveva capito che avevo capito. Un reciproco cenno di saluto col capo e ho proseguito per la mia strada mentre lui è rimasto seduto a bere la sua birra con la moglie.
Credo che LG Petrov continui a fare dischi come questo soprattutto per noi: lo farà per mangiare, è chiaro, ma potrebbe forse farne a meno o metterci meno impegno; invece si dedica perchè credo che anche lui provi la nostra stessa soddisfazione quando, camminando per strada, gli capita di incontrare qualcuno come lui, che magari indossa una maglietta degli Entombed.
Qualcuno che resterà sempre legato alla produzione originaria degli Entombed e che sarà grato alla band per la musica che ha regalato a tutti noi; qualcuno che ascolterà questo disco fiero e potente senza pregiudizi, capendone il messaggio e apprezzandone il contenuto.
4 . Tomb Mold – Planetary Clairvoyance – 20 Buck Spin
Terzo album in tre anni per il sodalizio di Toronto, Canada, che prosegue sulla eccellente via tracciata con i dischi precedenti all’odierno “Planetary Clairvoyance”.
La band è dedita ad un sound potente ed espressivo che richiama atmosfere lugubri e pesanti di antiche e notevoli creature del passato: i Tomb Mold si ispirano di brutto agli Incantation, pur avendo un sound più tecnico e moderno, maggiormente incentrato sulla velocità con un certo superamento delle parti doom/death che caratterizzavano i due primi lavori della band.
Ne esce un disco il cui valore non potrà essere messo in discussione neppure dai più intransigenti: il riffing creato dal chitarrista e anima della band Dereck Vella è semplicemente devastante, un mix tra ciò che erano capaci di fare le band vecchia scuola e sonorità più moderne; la voce risulta cavernosa e cupa al punto giusto; la sezione ritmica è varia e profonda.
Come ho già ampiamente detto in passato, non sono un grandissimo fautore della superproduzione discografica, caratteristica che contraddistingue di certo i TM, che evidentemente spendono gran parte delle loro esistenze in saletta di registrazione; in effetti, prendendo informazioni sul gruppo, ho letto che l’intento primordiale dei componenti della band era quello di lasciare che i TM fossero una studio session, un gruppo che non avrebbe mai dovuto suonare la propria musica al di fuori della saletta.
Invece, poi, i TM, evidentemente compiaciuti di ciò che avevano creato, hanno deciso di comportarsi come una band vera e propria: scelta che apprezzo e condivido ma che dovrebbe, nel futuro prossimo, condurre i nostri a trascorrere qualche periodo di tempo più lungo senza registrare dischi in studio.
Il presente sforzo, rispetto ai due precedenti, presenta una vena tecnica più accentuata, una maggiore ricerca della pulizia nel riff e della devozione della sezione ritmica ai canoni del genere; le sempre presenti tematiche sci-fi sono interessanti (almeno per me) e rendono il tutto più sognante rispetto ad un disco death metal con argomenti classici; il layout è di tutto rispetto e davvero vecchissima scuola.
In conclusione, lasciatevi andare e ascoltate il disco pensando di vivere un’avventura stellare a bordo di una potente astronave da guerra, di combattere battaglie interplanetarie e di esplorare galassie lontane e popolate da creature diverse da noi: in questo modo potrete apprezzare l’anima sci-fi del disco dei canadesi e godervi appieno la proposta dei nostri che trova le sue migliori espressioni in canzoni quali “Cerulean Salvation”, la title track e “Beg For Life”.
Se non conoscete la band e, pertanto, vi siete persi i primi due viaggi nello spazio in compagnia dei nostri astronauti canadesi, è il momento di rimediare: salite sull’astronave dei TM e lasciatevi guidare attraverso le stelle, fino ad arrivare ad una galassia lontana nella quale i racconti fantastici dei nostri diventeranno realtà.
5 . Demiurgon – The Oblivious Lure – Everlasting Spew Records
Sophomore album per i reggiani Demiurgon che si consacrano come una delle più importanti proposte italiche in materia di metallo estremo.
I nostri suonano un classico death metal tecnico e brutale: gli up tempo sono il marchio di fabbrica del sound degli emiliani, nel quale la potenza e la classicità risultano encomiabili.
I Demiurgon non regalano alcuno spazio a sonorità di natura differente dal tipico e classico death metal, arrangiamenti potenti e riffing ultraveloce, vociona cattiva e sentita e sezione ritmica dominata da una batteria spaccaossa di assoluto valore.
Va segnalato il cantato in italiano di un notevole numero di pezzi: l’esperimento può dirsi ben riuscito anche grazie all’espressività della voce del singer e alla complessiva ottima resa dei pezzi stessi.
Questo genere di prodotti in Italia ha sempre avuto fortuna: siamo bravi, abbiamo tradizione quando suoniamo del tech-death; i Demiurgon sono sicuramente dediti ad un tipo di death metal tecnicamente ben eseguito ma che non definirei semplicemente tech-death.
I nostri suonano death metal classico: sicuramente con una vena di forte impatto e violenza ma pur sempre death metal.
Tra i pezzi migliori segnalo “The Day Dawn Came Twice” con la quale si conclude il disco, “Il Culto Cannibale” e la title track.
Ottimo ritorno da parte di una band che inizia ad avere un proprio, meritatissimo, spazio, all’interno del movimento death metal underground italiano: album eccellente che non sfigura per niente di fronte a prodotti varati da sodalizi stranieri più titolati e che, pertanto, tutti devono ascoltare, sia per la validità della proposta, sia per sostenere il movimento death metal nel nostro paese.
6 . Disastrous Murmur – Santo Subito – Metal Bastard Enterprises
Dopo 13 anni di silenzio seguiti al non certo memorabile “Marinate Your Meat” tornano i Disastrous Murmur, da Klagenfurt, Austria, band che per gli appassionati di death metal è diventata famosa con i lavori varati all’inizio degli anni novanta.
I DM si collocavano all’interno dell’importante movimento death metal austriaco di quel periodo, del quale rappresentavano una delle voci più importanti insieme a Disharmonic Orchestra, Pungent Stench e Belphegor.
I nostri hanno sempre proposto un death metal classico, senza particolari ambizioni tecniche e senza grandi innovazioni, caratterizzato da mid tempo potenti e viziosi e da parti sparate incentrate sul tumpa tumpa incalzante; voce growl cruda e malata, riff diretti e disturbanti, tematiche dei testi che spaziano dal gore al porno.
Rispetto ai Pungent Stench e ai Disharmonic Orchestra, i DM hanno sempre avuto meno classe, meno inventiva e meno capacità esecutive; tuttavia, il sound dei veterani della Carinzia conserva quella vena disturbante che soltanto certe band inglesi della prima ora, sulla scia dei maestri Carcass, sono state capaci di riprodurre.
L’attuale lavoro non fa urlare al miracolo, ma è comunque apprezzabile il tentativo di mantenere vivo quel passato che ha reso celebre la band all’interno del movimento death metal. In canzoni come “Extraterrestrial Blowjob Luziferism”, “Partially Executed Self-Cannibalism” e “666 Modified Microwave Possession”, si ritrova il mood che ha mosso l’idea primordiale della band: proporre un death metal malato e cadenzato, con accelerate all’insegna del riff carico e diretto, con una forte vena patologica che si irradia in ogni passaggio della composizione.
Siamo davanti ad un prodotto antico che non piacerà a tutti: non ci troverete grande tecnica esecutiva, neppure idee incredibili, dovrete sopportare parti cadenzate molto lunghe e intermezzi introduttivi stile film horror-splatter anni ottanta/novanta.
Per me il disco è valido: i DM hanno fatto bene a riproporre la loro musica se se la sentivano; in un contesto in cui i prodotti che rasentano la perfezione esecutiva e la pulizia assoluta dei suoni sono moltissimi, ogni tanto, fa piacere ascoltare un disco davvero vintage, non solo nella composizione, ma anche nell’esecuzione, nei suoni (registrazione bassa e cavernosa, batteria a tratti poco udibile, voce distortissima) e nelle idee.
Il death metal è un genere di nicchia: lo abbiamo detto tante volte e non ci stancheremo di ripeterlo. Un tempo, nelle città degli States e della vecchia Europa, i metallari avevano una certa presenza: eravamo tutti noi, quando, da giovani, potevamo mostrare la nostra appartenenza e diffusione.
Oggi, siamo nascosti tra la gente che col metal non ha mai avuto rapporti e abbiamo pochissimi eredi nelle nuove leve: quando esce un disco come quello dei DM, frutto del lavoro di una band che, da allora, è restata sostanzialmente inattiva, penso che tutti questi anni passati non abbiano scalfito la passione di quelli che, allora, giravano per le strade coi capelli lunghi e le magliette delle band, dando voce e forza a quel movimento di cui tutti noi abbiamo fatto parte.
Onore ai vecchi pionieri austriaci per questo disco, certamente non perfetto, di sicuro non inimitabile, ma con una vena di autenticità che è riuscita a farmi tornare indietro col ricordo al giorno in cui ho acquistato il primo disco dei DM, “Rhapsodies In Red”, formato vinile.
E’ vero, il tempo trascorre e cambia tante cose, ma non sempre riesce a cancellare il ricordo delle sensazioni che la vita ci ha regalato.
7 . Carnal Tomb – Abhorrent Veneration – Testimony Records
I Carnal Tomb giungono al loro disco numero due, dopo il valido “Rotten Remains” di tre anni fa e confermano quanto abbozzato nel citato lavoro di esordio: i nostri suonano un marcio e putrescente death metal tradizionale che non lascia spazio a innovazione.
I CT provengono dalla capitale tedesca Berlino e si inseriscono in quel novero di band moderne che suonano il death metal tradizionale europeo dei primi novanta: nel disco si sentono pesanti tributi a Entombed, Dismember e Morgoth, a quel death metal nel quale deve dominare il riff putrido e disegnato per creare sofferenza e desolazione.
L’intento è raggiunto anche grazie alla voce rauca e malata del singer e alla presenza di numerose parti cadenzate (di più che nell’esordio che era più veloce): così, attraverso cavalcate doomeggianti, parti maggiormente tirate e scream desolati, il disco prosegue la sua corsa nei meandri più grigi e tristi della mente umana.
Sicuramente nessuno potrà terminare l’ascolto di questo disco e gridare al miracolo musicale: tuttavia, i CT fanno le cose per bene, sono capaci di creare le atmosfere giuste seppur andando fin troppo lenti per i miei gusti.
Nessuna traccia di melodia accompagna il dipanarsi del disco, nonostante la capacità delle chitarre di disegnare riff lugubri e mortiferi: alcuni assoli hanno un taglio maggiormente melodico e rockettoso ma sono ben inseriti in un contesto di cruda e brutale sofferenza che finisce per non evocare alcuna melodia.
Segnalando gli episodi nei quali i nostri sono più convincenti, ossia la potente opening “Putrid Fumes”, la doomeggiante e lugubre “Dissonant Incubation” e la classica “Sepulchral Descent”, non posso che concludere consigliando il disco a coloro che dal genere cercano conferme e rispetto granitico della tradizione.
8 . Disentomb – The Decaying Light – Unique Leader Records
Terzo disco in studio per i brutal deathsters di Brisbane, Australia e deciso passo in avanti verso la giusta direzione.
Seguo la band dagli esordi che, copertine a parte, non presentavano particolari spunti di interesse salvo il tentativo nel secondo disco “Misery” di intraprendere una via maggiormente personalizzata senza peraltro riuscirci appieno.
Qui, invece, la band, pur continuando a proporre una musica pesantemente derivativa da primi Deicide, Suffocation e compagnia bella, ha capito che non può limitarsi ad un susseguirsi furioso di blast beat primordiali, ottimi per intrattenere il pubblico (per lo meno un certo pubblico al quale appartengo anch’io) dal vivo ma insuffcienti a rendere orecchiabile un disco brutal nello stereo.
I miglioramenti non sono passati inosservati perchè i nostri sono finiti sotto contratto con una delle più importanti label di settore, la Unique Leader che difficilmente sbaglia un colpo in materia di prodotti brutali.
Nei cinque anni trascorsi dal precedente lavoro, i nostri hanno focalizzato la composizione sui loro punti di forza: una batteria assassina, una voce particolarmente ruvida e disturbante e una capacità di andare veloce restando piuttosto chiari e definiti.
Insomma, dal Queensland non arriva niente di imperdibile ma un prodotto ben suonato, organizzato bene e degno di essere ascoltato da coloro che ricercano sana brutalità e capacità di andare veloce.
Tra i pezzi migliori, metto “Your Prayers Echo Into Nothingness”, “The Great Abandonment” e “Dismal Liturgies”, in un contesto di pezzi violentissimi per 45 minuti circa di assalto senza compromessi.
Date fiducia a questo disco se siete amanti del brutal death metal e i vostri sogni sono popolati dai riff dei primi Cannibal, Suffocation e similia: non resterete delusi.
9 . Cerebral Rot – Odious Descent Into Decay – 20 Buck Spin
Che ormai la piccola label della Pennysilvania 20 Buck Spin sia diventata un punto di riferimento per la nuova generazione di band death metal americane e non solo è una certezza.
I qui presenti Cerebral Rot provengono dalla capitale dello Stato di Washington, Seattle, e suonano death metal tradizionale ispirato alla scuola americana anni novanta.
Ciò si coglie da subito: dal layout del disco, dall’aspetto dei componenti della band, dal logo, dall’intro e soprattutto dall’incipit della prima song.
E’ tutto molto chiaro nella proposta del quartetto americano: disegnare dei riff diretti e compiuti, costruire le song senza particolari arzigogoli, assalire l’ascoltatore con pezzi più veloci e gettarlo nel dramma esistenziale con momenti maggiormente ragionati e oscuri.
Le chitarre si lanciano in assiomi che fanno parte del genere, il basso perviene poco ma ha la capacità di donare lugubre profondità a tutte le canzoni, la batteria è ben orchestrata e al pieno servizio delle chitarre, la voce è lontana e sofferente.
Tra i pezzi che ho più apprezzato, decisamente la title track con cui si apre il disco, “Putrefaction” e “Sardonic Repetance”: siamo davanti a pezzi lunghi, sofferti, ma abilmente costruiti con pochi riff e senza alcuna complicazione inutile.
I nostri si avvicinano per stile e ispirazione a band stile primi Grave o Demilich per la cupa e primitiva profondità del sound, ma si inseriscono nel gruppo delle nuovi gruppi che suonano death metal.
Ho messo il disco volutamente indietro in classifica anche se avrebbe potuto legittimamente occupare posizioni più avanzate: l’ho fatto perchè credo che i CR possano entrare di diritto tra le nuove proposte più intriganti del genere, ma solo se sapranno limare il fatto di essere eccessivamente derivativi da altri prodotti simili.
In attesa di una maggiore personalità, godiamoci questo disco da parte di questi esordienti che sono stati capaci di suonare il classico death metal tradizionale in maniera semplice e, al tempo stesso, convincente.
10 . Bastard Grave – Diorama Of Human Suffering – Pulverised Records
Gli svedesi Bastard Grave, dopo l’esordio di 4 anni fa, si erano totalmente eclissati dalle scene fino ad oggi, quando con il presente disco hanno dimostrato che questo periodo di improduttività non è stato vano ed è servito alla band per riallacciare il discorso iniziato con il primo album e virare verso qualcosa di più personale e interessante.
Sia ben chiaro: siamo all’interno del calderone delle band che suonano old school death metal senza tanti compromessi, ma, mentre il lavoro dell’esordio era un perfetto clone del sound Entombed/Dismember delle origini, qui i nostri assumono una maggiore rozzezza compositiva creando pezzi più sporchi, cattivi, cadenzati e marcescenti.
Viene abbandonata la ricerca costante della cavalcata veloce senza tante idee, buona (se non ottima) per caricarsi di birra e muovere la testa a sfinimento, ma poco significativa se proposta in uno stereo domestico.
Siamo davanti ad un quadratissimo e molto chiaro death metal della tradizione, genuino e sincero, roba che fa bene all’anima se ascoltata nelle giuste proporzioni e con la corretta mentalità: niente di sperimentale, nè tanto meno di complicato potrà emergere dalle chitarre dei ragazzi di Helsingborg, ma sicuramente il deathmetallaro classico potrà trovare soddisfazione e compiacimento.
La cadenza dei pezzi finisce per prendere l’ascoltatore e canzoni come “Life In The Sewers”, “Transubstantiation Into Feces” e la title track risultano essere episodi divertenti e di notevole valore.
In conclusione, darei fiducia al lavoro onesto di questi ragazzi svedesi per rendere merito al fatto che hanno intrapreso la giusta direzione verso un sound che, pur restando derivativo da sonorità classiche, ha saputo evolversi verso una proposta personale davvero sensata e gradevole.
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