Hydra Head, generazione post-hardcore
Fondata da un giovanissimo Aaron Turner nel 1993 la Hydra Head Records è stata una delle migliori etichette a traghettare l’hardcore nel nuovo millennio. Un genere ai tempi dato per morto ma che in realtà era semplicemente mutato rispetto alle origini: la stampa specializzata definiva post-hardcore quel genere che grazie a band come i Fugazi portò gli ormai vecchi ascoltatori pian piano ad ammorbidirsi e ad abbracciare le varianti alternative, il folk e le sperimentazioni “colte”. Ma a metà anni 90 si fa largo un “post-hardcore” per i più giovani, ovvero coloro che non hanno vissuto i tumultuosi anni 80 ma vogliono stare lo stesso sotto un palco a pogare e ad urlare a gran voce nel microfono del cantante. Giovani che non si sentivano rappresentati dal trend neo punk capitanato da Rancid, Green Day, Offspring e Nofx ma volevano qualcosa di più genuino, meno scontato. Qualcosa di “nuovo” ma con lo shock emozionale “alla vecchia”. In seno a queste esigenze etichette “hardcore” come Victory, Revelation, Ferret si specializzarono nel cosidetto “metalcore”, ovvero la versione metallica e tamarra che per molti fu l’anticamera del numetal e della commercializzazione del genere.
Hydra Head è una delle tante label che daranno voce a questo movimento sotterraneo e, grazie all’alta qualità di molte uscite, cambierà il panorama “heavy” senza possibilità di ritorno. Senza mai vendersi, senza mai cedere alle lusinghe commerciali. Si può tranquillamente paragonare il lavoro di Aaron Turner a quello operato negli anni 80 da Greg Ginn con la SST.
Dopo i primi anni acerbi, in cui in catalogo troviamo per lo più singoli in vinile di band locali, nel 1997 Aaron inizia a fare le cose sul serio. Il primo grosso passo fu quello di ripubblicare “Caring And Killing”, raccolta delle prime registrazioni dei Converge stampato nel 1995 dalla Lost And Found, il secondo fu ideare una serie di singoli intitolati “In These Black Days: A Tribute To Black Sabbath” dove nomi “grossi” come Anal Cunt, Eyehategod, Brutal Truth, Converge, Today Is The Day, Coalesce, Neurosis si ritroveranno a coverizzare la band di Tony Iommi in 7″ da collezione.
A questo punto i semi erano stati gettati.
Piebald – When Life Hands You Lemons (1997)
Tra i primi a far parte del circuito hardcore indipendente di Boston assieme a Jesuit, Reversal of Man, Cave In, i Piebald nel loro esordio “When Life Hands You Lemons” ammorbidiscono i suoni e riprendono il discorso “emo” di band come Sunny Day Real Estate e Mineral con voci strozzate e stonate come fossero in punto di morte. Successivamente la band si evolverà con un sound decisamente più “alternative rock” e commerciale, pubblicando dischi per altre label.
Drowningman – Busy Signal At The Suicide Hotline (1998)
Ed eccoci al vero e proprio post hardcore, quello che nel 1998 diede agli ascoltatori dischi ancora oggi incredibili come “When Forever Comes Crashing” dei Converge, “Until Your Heart Stops” dei Cave In, “American Nervoso” dei Botch, “Mosquito Control EP” degli Isis, “The Shape of Punk to Come” dei Refused e questo “Busy Signal At The Suicide Hotline” dei Drowningman. Provenienti dal Vermont, la band mescola hardcore-punk, noisecore, math-rock, metal e indie-pop, non spalmati in tutto il disco ma già nei primi 2 minuti e mezzo del brano di apertura. L’anno dopo condivideranno un singolo con altri folli: i Dillinger Escape Plan di “Jim Fear”.
Botch – American Nervoso (1998)
Difficile descrivere il sound dei Botch, da Tacoma. Il loro è un miscuglio di hardcore, noise rock (evidenti le influenze degli Helmet), post hardcore alla Fugazi ma rivisitato con energia e inventiva senza eguali. “American Nervoso” è stato registrato allo Studio Litho di Stone Gossard a Seattle da Matt Bayles, nome che diventerà fondamentale per il sound del genere (Isis e Mastodon su tutti). Un disco che diventerà un manifesto del genere per tanti motivi e basterebbe l’apertura con “Hutton’s Great Heat Engine” per spiegarveli tutti. Notevole anche il successivo (e purtroppo ultimo) “We Are The Romans”. Dopo lo scioglimento troveremo i loro membri in These Arms Are Snakes, Russian Circles, Narrows, Sumac.
Cave In – Until Your Heart Stops (1998)
I Cave In furono una band molto controversa tra i fan del genere. Partiti con “Until Your Heart Stops” con un hardcore decisamente metallizzato, a causa dei problemi di gola di Stephen Brodsky cambiarono pian pianino genere inserendo elementi “progressive” (in “Jupiter”) e alternative rock (in “Antenna”). Ai tempi finirono per scontentare tutti, rimanendo una promessa non molto mantenuta. A distanza di 20 anni (sigh) grazie alla splendida carriera solista di Brodsky (anche in Pet Genius e Mutoid Man), e alla recente morte del bassista Caleb Scofield, si è iniziato a rivalutare la carriera (splendida) formata da album mai banali e decisamente originali nello sviluppare una propria strada all’interno dell’incontro/scontro tra metal e hardcore.
Cable – Gutter Queen (1999)
L’addizione hardcore + metal non sempre significa “metalcore”. Ogni tanto dà come risultato la parola “sludge”, ovvero nei casi in cui la componente metal è espressa con toni sabbathiani. I Cable rientrano pienamente nella categoria, anche perchè assieme ai riff oscuri fa capolino un vago accenno “groove” che ricorda band come Weedeater. Non è quindi un caso trovare come ghost track “Planet Caravan”, ballatona dei Black Sabbath portata in auge anche dai Pantera. Nei Cable militò anche Jeff Caxide (qui alla produzione), futuro bassista degli Isis.
Coalesce – There Is Nothing New Under The Sun (1999)
I Coalesce sono uno dei gruppi fondatori del post-hardcore, soliti a destrutturare il genere e farlo a pezzettini, dandolo in pasto ad altre band come ispirazione sonora. Dopo due dischi e numerosi EP per svariate etichette, Hydra Head pubblica nel 1999 “There Is Nothing New Under The Sun” un mini album formato da cover dei Led Zeppelin. Ebbene sì, immaginatevi versioni urlate di “Whole Lotta Love”, “Black Dog”, “Heartbreaker”, “Immigrant Song”, con batteria heavy e chitarre massicce. Gli arrangiamenti (a parte assoli e parti psichedeliche) rimangono praticamente uguali dimostrando, come se ce ne fosse il bisogno, della potenza sprigionata dalla band di Page e Plant. La ristampa del 2007 includerà anche cover dei Black Sabbath, Get Up Kids e Boysetfire.
Cattle Press – Hordes To Abolish The Divine (2000)
Funestati da mille cambi di formazione i Cattle Press non hanno mai raccolto granchè. Ai tempi facenti parte della scena death metal newyorkese, la band in realtà era un frullatore impazzito di tutto ciò che il buon “heavy” ci ha regalato da quando è nato. “Slowed-down heavy metal, grindcore, jazz, Anton LaVey, Nietzsche, Lovecraft” sono le influenze musicali e non citate dalla band che troverete dentro “Hordes To Abolish The Divine”, soprendente disco adatto agli ascoltatori amanti del post-grind dei Brutal Truth. Da riscoprire.
Discordance Axis – The Alienable Dreamless (2000)
Parlando di grind è impossibile non citare i Discordance Axis, vero e proprio monumento alle altissime velocità (grazie al drumming forsennato di Dave Witte, attualmente nei Municipal Waste). Il terzo disco “The Alienable Dreamless” è formato da 17 pezzi in 24 minuti, non un attimo di tregua, non un secondo di respiro. Per certi versi il disco grind definitivo. Il cantante John Chang lo ritroveremo nei Gridlink e nei Hayaino Daisuki.
Keelhaul – II (2000)
Keelhaul erano un quartetto proveniente da Cleveland, Ohio, che nel corso della carriera pubblicò 4 ottimi dischi: il primo uscito per Escape Artist nel 1998, il secondo nel 2000, “Subject To Change Without Notice” nel 2003 e “Triumphant Return To Obscurity” nel 2009, tutti e tre per Hydra Head. La band suonava un particolare math rock con riff di scuola heavy sludge, come un mix fra i pezzi più complicati dei Melvins (tipo “Honey Bucket”), i Mastodon che verranno, il noise rock e un po’ di stoner. Quasi tutto strumentale. Una manna. E, incredibilmente, non se li filò mai nessuno.
Sunn O))) – The Grimmrobe Demos (2000)
Pubblicato in sole 500 copie tramite la sotto etichetta “Double H Noise Industries” “The Grimmrobe Demos” è l’esordio assoluto dei Sunn O))) , duo composto da Stephen O’Malley e Greg Anderson, qui accompagnati da G. Stuart Dahlquist (Burning Witch e per qualche tempo anche nella band di Duff McKagan). The Grimmrobe Demos è un tributo al sound primitivo degli Earth, quello del seminale Earth 2. Drone music, ovvero musica basata sulle vibrazioni, ottenute lasciando suonare “a vuoto” le chitarre superdistorte e sature. Ai tempi la scoperta di una band di questo tipo lasciò gli ascoltatori senza parole: è uno scherzo o fanno sul serio? Una via di mezzo fra le due cose. Lo stesso anno HH pubblicherà “00 Void”, primo vero e proprio album. Successivamente la band si accaserà presso Southern Lord.
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Goatsnake / Burning Witch (2000)
Rimaniamo in compagnia di Anderson e O’Malley. Il primo lo troviamo nei Goatsnake, qui però in versione meno stoner del solito, il secondo negli acidi sludgers Burning Witch. Le due band percorrono una loro strada sabbathiana, fatta di riff ribassati e tempi soporiferi. Il differente uso della voce, quasi soul per i Goatsnake, luciferina per i Burning Witch, è il più grosso scarto fra le due formazioni. Entrambe si scioglieranno dopo poco per proseguire con maggiore serietà il discorso Sunn O))).
Cavity – On The Lam (2001)
I Cavity si formarono nel 1992 a Miami, Florida e si sciolsero nel 2003, per poi riunirsi di recente. Tra le loro fila passarono Juan Montoya (Torche, Floor, Stallone), Steve Brooks (Torche, Floor), Anthony Vialon, Henry Wilson e Beatriz Monteavaro (tutti e tre andranno nei Floor) e Jason Landrian (Black Cobra). La band fu tra le prime a suonare “sludge” al di fuori della scena di New Orleans. I primi due dischi furono pubblicati da etichette locali mentre il terzo “Supercollider” fu stampato dalla leggendaria Man’s Ruin di Frank Kozik. “On The Lam” è l’ultimo disco prima dello scioglimento e mantiene fede alla fama della band: riff pesantissimi, super ribassati, voce strozzata e tanto dolore.
Knut – Challenger (2002)
I Knut, dalla Svizzera, prima di “Challenger” pubblicarono due ottimi dischi “metalcore”: “Leftovers” e “Bastastardiser”. Con Hydra Head pubblicheranno oltre a “Challenger”, “Terraformer” e “Alter”. Un ultimo disco sarà pubblicato da Conspiracy, nel 2010, intitolato “Wonder”. La band era uno schiacciasassi di stampo “metal math core”: chitarre spesse, riff quadrati, ritmica sbilenca, stacchi “storti” a cui sono associati sia tempi serrati, sia quasi “groove metal” e un’incazzatissima voce urlata. In sintesi: la risposta europea ai Converge.
Harkonen – Shake Harder Boy (2002)
Ben Verellen è il fratello del cantante dei Botch David Verellen, con cui formerà i Roy. Evidentemente in famiglia hanno ascoltato i dischi giusti vista l’alta qualità del progetto Harkonen, nome preso dal romanzo di Frank Herbert “Dune”. Potremmo definirli “noise core” contando che “Shake Harder Boy” è un disco noise rock suonato con piglio hardcore. Purtroppo, anche a causa di numerosi cambi di formazione, il loro rimarrà un nome di culto, destino che accomuna anche gli Helms Alee, successiva band di Ben. “Shake Harder Boy” è stato registrato da Matt Bayles presso gli studi Avast e Litho.
Pelican – Australasia (2003)
Nei primi anni del 2000 assistiamo alla nascita del post metal che, sintetizzando, è come il post rock ma con le chitarre metal. Coloro che codificarono questo genere furono gli Isis con il disco “Oceanic” del 2002, prendendo le atmosfere rarefatte di Mogwai e Godspeed You Black Emperor innestandole con una forte dose di Godflesh e Neurosis. I Pelican si muovevano in contemporanea e pubblicarono nel 2003 l’EP d’esordio che fece rizzare le orecchie a più di una persona. “Australasia” non deluse le aspettative: melodie strumentali ricercatissime, pennate heavy alla Kyuss/Melvins e lunghi brani dalla struttura progressiva. Purtroppo furono schiacciati dagli inevitabili paragoni con Isis e Neurosis e “Australasia” rimase nella classica “Zona UEFA”. Dopo 15 anni è giusto annoverarlo tra i grandi.
Jesu – Jesu (2004)
Justin Broadrick meriterebbe un capitolo a parte: Napalm Death, Godflesh, Head Of David, Final, God, Ice, Sweet tooth, Techno Animal, The Curse Of Golden Vampire sono alcuni dei progetti su cui ha messo le mani dalla fine degli anni 80 a oggi. Jesu è la sua creatura più nota dopo i Godflesh e quella che gli ha garantito un minimo di visibilità anche al di fuori del classico pubblico “industrial di scuola Earache”. La formula è molto simile al contemporaneo “post metal”, essendo Justin uno dei padrini del genere, ma riletto con un sound etereo, quasi shoegaze, come una narcolettica jam fra Melvins e My Bloody Valentine. Nei successivi si farà più forza il lato etereo rispetto a quello heavy, perdendo un po’ di unicità ma guadagnando un pubblico più avezzo a suoni leggeri.
Mare – Mare EP (2004)
I Canadesi Mare nella loro breve carriera pubblicarono esclusivamente questo EP omonimo, lasciando i fan in attesa per anni di un full length che non arriverà mai. Possiamo solo immaginarci quello che sarebbe venuto fuori con un disco sulla falsariga di questo mini di 25 minuti formato da 5 brani di post hardcore / post metal / emocore / mathcore / noisecore, in grado di riassumere il catalogo Hydra Head in un solo colpo. Mai abbastanza celebrati.
Big Business – Head For The Shallow (2004)
I Big Business ottennero un pelo di notorietà qualche anno fa dopo essere diventati parte della sezione ritmica dei Melvins: in un colpo solo sostituirono Kevin Rutmanis al basso e affiancarono Dale Crover alla batteria. Già perchè i Big Business sono un duo basso & batteria formato da Cody Willis (proveniente dai Murder City Devils) e Jared Warren (ex Karp), tra i migliori a maneggiare il sound hardrock/sludge dei Melvins. “Head For The Shallow” è il primo dei tre dischi che la band pubblicò per Hydra Head, tutti ugualmente interessanti e consigliati.
Khanate – Capture & Release (2005)
Alan Dubin (voce), Stephen O’Malley (chitarra), James Plotkin (basso, synth), Tim Wyskida (batteria), insieme formano i Khanate mostro drone metal sulla scia di Sunn O))), Teeth Of Lions Rule The Divine, Lotus Eaters e altri progetti che flirtano con il doom e l’ambient. Nel 2005 non ce ne perdevamo uno!
Boris & Merzbow – Sun Baked Snow Cave (2005)
Masami Akita, più di 400 uscite a nome Merzbow. Boris dieci volte di meno ma comunque tante. Assieme nel 2002 pubblicarono “Megatone”, devastante album noise drone. Tre anni dopo bissano con “Sun Baked Snow Cave”, unico disco dei Boris nel catalogo Hydra Head. Come già spiegato parlando dei Khanate, nel 2005 il “drone metal” era la “cosa nuova” su cui ci si spaccava le orecchie e si provavano gli stereo o le cuffie. E questo album non fa eccezione: se amate le esperienze di questo tipo non potete privarvene.
Khlyst – Chaos Is My Name (2006)
Khlyst, ovvero il ritorno alle ostilità di Runhild Gammelsæter, cantante Norvegese dei Thorr’s Hammer, gruppo di culto pre-SunnO))). Ad accompagnarla con droni oscuri e rumori assortiti è il maestro dei suoni James Plotkin, uno che si è fatto le ossa nella scuderia Earache con gli O.L.D. per poi lanciarsi in progetti elettronici come Atomsmasher, Phantomsmasher e collaborazioni con KK Null e Mick Harris e il drone metal dei Khanate. “Chaos Is My Name” è l’unico album della band e già il nome dice tutto.
Xasthur – Subliminal Genocide (2006)
Nel 2006 dopo la fase post-hardcore, quella post-metal e quella drone, per Hydra Head inizia quella black metal. Aaron, consapevolmente o meno, traghetta i suoi adepti nel mondo underground più misterioso sdoganando sonorità per molti (soprattutto i più giovani) inedita. Xasthur sono la one man band di Malefic, fondata in California nel 1995. Da allora fa tutto da solo, esclusa la sporadica presenza di qualche ospite (esempio Marissa Nadler in “Portal of Sorrow” del 2010). “Subliminal Genocide” è il decimo disco in circa 10 anni di attività e per Hydra Head ne farà altri due: “Defective Epitaph” e “All Reflections Drained”. Se amate il black metal con squarci folk e ambientali, tematiche esistenzialiste e naturaliste non potete ignorarlo.
Oxbow – The Narcotic Story (2007)
Attivi dal 1989 gli Oxbow di Eugene Robinson sono una band che si muove tra noise rock, alternative, blues, classic rock come una stravagante via di mezzo fra Nick Cave e la Rollins Band. Nella loro discografia troviamo album per SST e Neurot e per il loro ultimo disco del 2017 “Thin Black Duke” (fra i nostri dischi preferiti dell’anno) è tornata in attività la Hydra Head. The “Narcotic Story” segue la raccolta “Love That’s Last” e anticipa la ristampa dei primi lavori “Fuckfest / 12 Galaxies”. Tutta roba validissima.
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Zozobra – Harmonic Tremors (2007)
Torniamo in ambito post/metal/hardcore con il progetto Zozobra, ideato da Caleb Scofield assieme a Santos Montano. In pratica una prova tecnica del progetto Old Man Gloom formato da Aaron Turner e Santos con Caleb e Nate Newton dei Converge. I nostri sono maestri del genere, e qui lo fanno al meglio ed è esattamente quello che potete aspettarvi: un mix fra i Cave In più rabbiosi, gli Isis più oscuri e i Converge più metallici. Puro Hydra Head sound. Nel 2008 pubblicheranno il secondo “Birds Of Prey”. Da non perdere anche i dischi degli Old Man Gloom.
Torche – Meanderthal (2008)
Dopo una manciata di album sperimentali di Lustmord, Kayo Dot e Ocrilim e grind post Discordance Axis (Gridlink e Hayaino Daisuki), più dischi black metal di Xasthur e Bergraven, Hydra Head tra il 2007 e il 2008 stava un pochino esagerando con le uscite. Sia chiaro, la qualità rimase altissima, ma il pubblico non rispose con grande entusiasmo e disertò le vendite. Erano i tempi in cui le velocità di download iniziavano a permettere scaricamenti selvaggi e i formati fisici stavano lentamente scomparendo. I servizi streaming legali erano ancora lontani dall’arrivare e proliferavano blog e forum da cui scaricare le nuove uscite. Hydra Head, purtroppo non aveva un pubblico ampio e, soprattutto, adulto che poteva permettersi di spendere in dischi. A salvare in parte la situazione venne in aiuto il secondo disco dei Torche, coprodotto con Robotic Empire. La band degli ex Floor Steve Brooks e Juan Montoya (che dopo questo disco lascerà la band) suona un divertente heavy rock ad alto tasso energetico e con i volumi delle chitarre a 11. E’ una nuova versione del noise rock, aggiornata al nuovo millennio, con suoni hardcore e attitudine ironica. Ma soprattutto suona come un greatest hits data l’altissima qualità delle canzoni. Sulla stessa scia HH pubblicherà gli album di Helms Alee (ex Harkonen) e Clouds.
Harvey Milk – Life… The Best Game In Town (2008)
Un altro merito della HH è quello di aver sviscerato e sdoganato quasi ogni versione possibile del sound della coppia Buzzo/Crover. Lo sludge, il drone, il metal sperimentale, il noise sono tutte sfacettature che si trovano in album come Bullhead, Lysol, Houdini, Stag, Stoner Witch. Harvey Milk sono forse la band più Melvins dopo i Melvins: dai solchi dei loro dischi sembra di ascoltare il rumore della pancia di King Buzzo, dove tiene la Gibson e da dove esce il vocione. Tra la ricca discografia della band, che dal 1994 arriva al 2010, questo è un buon modo per partire.
Grey Machine – Disconnect (2009)
Grey Machine sono formati da Justin Broadrick, Aaron Turner, Dave Cochrane e Diarmuid Dalton ovvero Isis, Godflesh, Jesu e Head Of David in un colpo solo. Ed il contenuto del disco è esattamente la somma degli elementi. Niente di sorprendente, vero, ma allo stesso tempo irrinunciabile, soprattutto per i fan di Turner. Parecchio rumore, parecchia intensità, zero melodia.
Jodis – Secret House (2009)
L’ultima fase della Hydra Head vede dare spazio a progetti legati ad Aaron Turner. Prima i Mammifer con la compagna Faith Coloccia (anche nei Everlovely Lightningheart e poi negli Split Cranium), poi i Grey Machine con Broadrick e ora gli eterei Jodis con James Plotkin (Khanate, Khlyst, Phantomsmasher, O.L.D.) e Tim Wyskida (Khanate, Blind Idiot God). Immaginatevi una versione “elettronica” degli Earth e non sarete tanto lontani dalla proposta sonora degli Jodis.
Melvins / Isis (2010)
La fine. Chiudiamo questo articolo citando il disco che fa da chiusura del cerchio. Certo, la label continuerà ancora per un paio di anni a produrre ottimi dischi ma la spinta “innovativa” si è esaurita, continuando a pubblicare materiale dal roster guadagnato in anni di attività. I riflettori sono puntati da altre parti e il mondo è notevolmente cambiato da quando, nel 1995, un giovane Aaron pubblicava un sette pollice dei Vent. Ed è cambiata anche la sua band, gli Isis, che terminano la loro carriera con uno split con i Melvins, loro indiscussi eroi. E lo fanno su Hydra Head con cui stamparono i primi EP per poi volare verso la Ipecac di Mike Patton (etichetta anche dei Melvins). E’ un addio senza possibilità di ritorno (e infatti per il memoriale a Caleb si riformeranno ma sotto altro nome) che lascia i fan in piedi, ad applaudire, in lacrime ad una carriera pressochè perfetta.
Altri dischi degni di menzione (escluse ristampe, singoli, split, pubblicazioni sotto etichette come Tortuga e Double H e coproduzioni)
- Merzbow – Dharma (2001)
- Craw – Bodies For Strontium 90 (2002)
- Kid Kilowatt – Guitar Method (2003)
- Logh – A Sunset Panorama (2005)
- Everlovely Lighninheart – Cusp (2005)
- Stephen Brodsky’s Octave Museum (2006)
- Drawing Voices (2006)
- 5ive – Versus (2006)
- Lustmord – Juggernaut (2007)
- Bergraven – Dödsvisioner (2007)
- The Austerity Program – Black Madonna (2007)
- Gridlink – Amber Gray (2008)
- Hayaino Daisuki – Headbanger’s Karaoke Club Dangerous Fire (2008)
- Kayo Dot – Blue Lambency Downward (2008)
- Ocrilim – Annwn (2008)
- Helms Alee – Night Terror (2008)
- Clouds – We Are Above You (2008)
- Mammifer – Hirror Ennifer (2008)
- Pyramids With Nadja (2009)
- Prurient – Bermuda Drain (2010)
- Old Man Gloom – No (2012)
- Split Cranium (2012)
- Circle – Manner (2012)
Ho vissuto le uscite della label dalla fine degli anni 90, ho visto parecchie band del roster dal vivo in tempi dei loro dischi migliori (Isis, Jesu, Cave In, Pelican, Boris, Keelhaul, Torche), quasi sempre davanti a poca gente. Ricevevo i promo fisici quando curavo la webzine Taxi Driver e passavo ore sui forum e newsgroup a discutere delle uscite della label, spesso esagerando con le critiche più che con le lodi. Ma perchè quel sound lo sentivo mio e volevo fosse perfetto. Ricordo come dopo la sbornia post metal (con cloni di cloni come Callisto, The Ocean, Cult Of Luna) e quella mathcore, mi buttai nel drone metal, che per le mie orecchie vergini era come ascoltare i Napalm Death agli esordi, ma al contrario. Ora, forse, quei dischi non fanno più lo stesso effetto ma ne ascoltai così tanti da diventare esperto di “basse vibrazioni” . E quante volte mi trovavo a parlare di una nuova band assurda chiamata “San O chiusa parentesi chiusa parentesi chiusa parentesi”.
Hydra Head ha salvato un’intera generazione dai brutti ascolti, di qualsiasi genere. Aspettavo ogni uscita con curiosità, sapendo che mi avrebbe dato da parlare, da pensare e un sacco di idee per le band in cui suonavo.
Quando ho aperto il negozio di dischi mi sono procurato praticamente tutte le uscite, che vendetti più volte (qualcosa trovate ancora su Taxi Driver Store). Ancora oggi attendo qualche annuncio, sperando in qualche novità discografica. In quella decina di anni, o poco più, sapevi di poter contare su Aaron Turner per la dose mensile di musica pe(n)sante. E non è poco.