I 20 migliori dischi ROCK del 2017

Guida agli album rock più interessanti usciti durante l’anno

 

A leggere in giro le liste dei migliori album del 2017 sembra proprio che il rock sia morto: stravince la black music, l’elettronica e persino il metal e il jazz hanno i loro piccoli baluardi. Colpa dei critici “hipster” o del fatto che il rock, come lo intendiamo noi, ha smesso di incendiare? La verità ovviamente sta nel mezzo: dopo l’abbuffata elettrica degli anni 90 pochi si sentono di scommettere su chitarre Fender se non con progetti abbondantemente masticati.

Il rock del 2017 è fatto essenzialmente di due o tre correnti revivalistiche: noise rock, post punk e cantautorato. Più qualche scintilla punk rock e grunge. Dei grandi vecchi ne salviamo due, che scopriremo scorrendo la classifica.

 Se amate le sonorità più dure, ma sempre al confine con il rock, vi consigliamo anche la lista delle migliori uscite stoner / heavy psych dell’anno.

1 . King Krule – The Ooz (XL)

Archy Ivan Marshall, classe 1994, è senza dubbio uno dei migliori artisti di questi anni. Capace di modellare le sue tormentate emozioni in una musica mai banale ricca di influenze post punk, jazz, art rock, new wave, generi che i suoi coetanei probabilmente non sanno neanche pronunciare. Il secondo disco di King Krule, dopo 6 Feet Beneath The Moon del 2013, è stupefacente nella sua maturità e nella sua complessità. The Ooz è un disco senza data di scadenza come solo i grandi classici. Speriamo che valga lo stesso discorso per la carriera dell’ex Zoo Kid.

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Guarda il concerto per Tiny Misk Desk.

 

 

2 . Algiers – The Underside of Power (Matador)

 

Una delle band più originali degli ultimi anni, capaci di mescolare industrial, post punk, soul e rock con grande eleganza. Messaggi politici e energia ad alto voltaggio completano la ricetta di un piatto che va assaggiato senza riserve.

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3 . Julien Baker – Turn Out The Lights (Matador)

Un disco per piangere in cameretta. O in qualche solitario ritorno a casa in macchina.  Julien Baker, con il suo aspetto fragile, dimesso e gentile, è una bravissima interprete e scrittrice di canzoni solo in apparenza minimali che via via mostrano ricchi saliscendi emotivi e domande di difficile risposta. Non vorremmo essere in lei ma è impossibile non stimare la sua capacità di affrontare il brutto della vita e trasformarlo in una sequenza di canzoni indimenticabili. Turn Out The Lights negli anni 90 sarebbe stato il classico disco struggente da milioni di copie. Nel 2017 ce la coccoliamo in pochi, ma è giusto così.

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Guarda il live per CBS This Morning.

 

 

4 . Oxbow – Thin Black Duke (Hydrea Head)

Il 2017 è stato l’anno in cui Nick Cave ha fatto un concerto soldout al Filaforum di Milano, dopo decenni di onorata carriera passata a conquistare i propri fan uno per uno. Gli Oxbow, pur meritandolo tanto quanto, difficilmente arriveranno mai a questo risultato ma, nel loro piccolo, hanno riportato in vita il marchio Hydra Head, etichetta chiusa da Aaron Turner per debiti più di 5 anni fa. E chi conosce quell’etichetta sa quanto sarebbe importante per la musica riportarla in attività. Il disco è ricco di blues noise malati vissuti con grande fisicità dal cantante Eugene Robinson, un misto fra il Re Inchiostro e Henry Rollins. Gli Oxbow, attivi dal 1989, ti prendono a schiaffi e ti sotteranno con violenza e classe. Ci vediamo nel 2027 al Forum.

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5 . Unsane – Sterilize (Southern Lord)

Oxbow e Unsane: due facce della medaglia noise rock e il motivo per cui in questa classifica non troverete ottimi dischi come quelli dei Metz e dei Pissed Jeans: i maestri hanno ancora tanto da insegnare. Unsane molto probabilmente potrebbero tranquillamente essere inseriti anche in una lista metal o hardcore da quanto rumore riescono a tirare su. Eppure Sterilize nella sua schizofrenia, nel suo estremo nervosismo, nella tensione che riesce a scatenare nell’ascoltatore è la cosa più rock che si possa trovare oggi. Chitarre che tagliano come dei rasoi, basso sempre in tiro, batteria metronomica fanno di Sterilize l’ennesima conferma che gli Unsane sono tra i giganti della (non) musica. Portatori di dolore dal 1988.

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6 . Robert Plant – Carry Fire (Nonesuch)

Prendi il bassista dei Beak>, un batterista jazz, un chitarrista blues, un chitarrista che ha suonato per Sinead O’Connor, un musicista del Ghana, il chitarrista dei Cast. Se ti chiami Robert Plant sono gli ingredienti per fare un disco eccelso. Uno dei due grandi anziani che ho citato in apertura ancora in grado di dire la loro, è un grande ascoltatore di musica; fra i musicisti dovrebbe essere la normalità ma, credetemi, non è così. E la classe di Robert Plant la si nota anche dai più piccoli dettagli, come la non banale scelta dei musicisti. O di duettare con Chrissie Hynde in Bluebirds Over The Mountain di Ersel Hickey, già ripresa dai Beach Boys. Se volete bene al rock quanto Robert Plant non potrete non innamorarvi di Carry Fire.

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7 . Idles – Brutalism (Balley Records)

Amphetamine Reptile che incontra il Punk British. Cosa ci può essere di più deliziosamente sbagliato di una simile accoppiata? Il disco è infatti un’adorabile attacco alla way of living inglese. Il cantante Joe Talbot con quell’accento  sprezzante e molesto contro tutto e tutti, è il vero protagonista di un disco che macina noise rock, post punk, punk alla vecchia, blues. Alienazione, dolore, incazzatura e protesta fa sembrare le band anti Trump come delle damerine. Qua si parla di strada, di lavoro, di Inghilterra. Un disco che odora di tappezzeria sporca di birra, di mattoni grigi e di pugni in faccia.

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8 . Father John Misty – Pure Comedy (Sub Pop)

Father John Misty è uno dei personaggi più interessanti degli ultimi anni: da ex batterista dei Fleet Foxes si è messo in proprio esplorando in tre dischi il mondo del “cantautorato” generando un personaggio di difficile classificazione. Abituato a non mandarle a dire, sia nelle interviste che nei dischi, la sua musica è un folk sbilenco, prolisso e non molto melodico: sembra che faccia dischi per non piacere. Eppure è affascinante perdersi in “Pure Comedy”, pur nei suoi 73 minuti. Anzi, proprio per questo: tra arrangiamenti scarni e trovate kitch, non si sa mai cosa avrà mai da dire Father John Misty.

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Guarda Father John Misty live ad Austin City Limits.

 

 

9 . Wolf Alice – Visions Of A Life (Dirty Hit)

Che meraviglia questo quartetto inglese! Sembrano usciti dai sogni di un discografico del 1993: musicalmente un po’ shoegaze, un po’ grunge, un po’ alternative rock, un po’ dream pop con alla voce una bella biondina molto carismatica. E, invece, Wolf Alice hanno esordito nel 2015 e questo “Visions Of A Life” è il loro secondo lavoro. Tra bordate di riverberi e chitarre distorte lasciate a ruggire la band sembra indecisa se inseguire il lato inglese dark o quello americano più riot. Ne viene fuori un disco vario, ricco di intuizioni e grazie alla sua doppia personalità molto scorrevole.

 

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Guarda Wolf Alice ospiti al Late Show with Stephen Colbert.

 

10 . Mount Eerie – A Crow Looked At Me (P. W. Elverum & Sun )

Cosa ci può essere di più triste del raccontare la morte della propria moglie, causata da un cancro al pancreas e avvenuta pochi mesi dopo la nascita della figlia?  Mount Eerie ce lo sbatte in faccia con tutta la franchezza possibile, perchè è quello che è successo a lui. E lo fa nel modo più struggente possibile: usando gli strumenti della moglie, scrivendo i testi sulla carta che lei utilizzava e registrando il disco nella stanza dove è avvenuto il decesso. Viene da piangere ancora prima di aver schiacciato play. Ma non si può fare a meno di non empatizzare con il povero Phil, soprattutto se ci racconta i suoi pensieri in questo modo. Un disco necessario per lui, ma anche per noi.

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Passiamo ora alla seconda parte della classifica, quella dei dischi “minori”. Ottimi dischi, che pur non facendoci gridare al miracolo, ci hanno accompagnato in questo 2017 rockettaro.

11 . Bully – Losing (Sub Pop)

L’album grunge del 2017. Capitanati dalla bella Alicia Bognanno, già tecnica del suono per Steve Albini, il quartetto si muove nei chiaroscuri sonori tipici di Dinosaur Jr, Sonic Youth e Nirvana. Il tutto griffato Sub Pop. Serve altro?

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12 . Neil Young – Hitchhiker (Reprise)

L’11 Agosto 1976, in una notte di luna piena, Neil Young registrò una manciata di canzoni che vengono pubblicate per la prima quasi quarant’anni dopo sotto il nome di Hitchhiker. Per tanti motivi Neil Young è il secondo nome fra i grandi vecchi che citiamo in questa classifica (l’altro è Robert Plant). Intanto perchè gli archivi dello zio Neil si stanno pian pianino aprendo e saranno riversati in alta qualità su internet, in streaming gratuito. Poi perchè continua a fare dischi di buona/ottima qualità (quest’anno “The Visitor”) ed è sempre in prima linea contro il sistema. Poi perchè questo Hitchhiker, pur contenendo canzoni che in differenti versioni sono finite in altri dischi, è un signor disco di cantautorato che suona attuale pur emanando odore di armadio ad ogni nota. E perchè i dischi registrati “alla buona” sono spesso dei piccoli capolavori. E questo non fa eccezione.

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13 . Circuit Des Yeux – Reaching for Indigo (Drag City)

Uno straniante disco di art-folk da parte della cantautrice Haley Fohr. Ispirato da una notte in cui si è trovata a terra vittima di convulsioni, vomitante e piangente il disco è una sorta di viaggio psichedelico all’interno della sua personalità. Un album decisamente curioso e affascinante.

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14 . The Black Angels – Death Song (Partisan)

Non inseriti nella classifica “stoner / doom / heavy psych” perchè la componente psichedelica è al servizio di una formula “rock classica” alla Velvet Underground, 13th Floor Elevators, Doors. Ma da qualsiasi parte si veda”Death Songs” è l’ennesimo centro per la band di Austin.

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15 . Waxahatchee – Out In The Storm (Merge)

Power punk grunge femminile un po’ lofi (anche se prodotto da John Agnello) molto chitarroso. Amori spezzati, sentimenti lacerati e crisi dei trent’anni.

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16 . Ty Segall – Ty Segall (Drag City)

Più di dieci dischi in pochi anni e nessun passo falso! Registrato da Steve Albini, il suo secondo album omomino (il primo era l’esordio) è una bomba garage rock heavy psych. Un fuoriclasse.

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17 . Bedouine – Bedouine (Spacebomb)

Azniv Korkejian è nata in Siria da genitori Armeni, ha passato la sua infanzia in Arabia Saudita fino a quando la sua famiglia si è trasferita negli Stati Uniti. Prima a Boston poi Houston, Lexington, Austin, Savannah fino trovare una comunità di musicisti a Los Angeles grazie ai quali ha preparato il suo esordio musicale. Bedouine è un disco che sembra uscito dagli anni 60: delicato, elegante ed impegnato ricco di soul e musicalmente sospeso tra country, folk e Americana.

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18 . Courtney Barnett And Kurt Vile – Lotta Sea Lice (Matador)

Impossibile non citare tra i dischi dell’anno la collaborazione fra Kurt Vile e Courtney Barnett, ironicamente rimembrante la coppia più scoppiata degli anni 90. Il duo ci regala rumorose canzoni folk, imperfette e sbilenche, suonate con mani pesanti e voci timide. Non un capolavoro ma uno dei manifesti “indie” di questo 2017.

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Guarda il concerto a Malibu per Pitchfork.

 

 

19 . Tinariwen – Elwan (Wedge)

Matt Sweeney, Kurt Vile, Alain Johannes e Mark Lanegan sono gli ospiti di Elwan, uno dei lavori più politici della band Maliana, registrato nel deserto del Joshua Tree al famoso Rancho De La Luna. La formula di rock, blues, afrobeat, folk non accenna a stancare ma anzi trova in questo Elwan nuove influenze scure e rallentate.

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20 . Couch Slut – Contempt (Gilehead Media)

Terminiamo la carrellata dei dischi dell’anno con un bel full length rumoroso. Couch Slut sono una band che non è in grado di tenere una pagina Facebook, di organizzarsi un tour come si deve, nè di pubblicizzare la propria musica in qualche modo. Sono al secondo disco dopo il frizzante esordio “My Life As A Woman”. Si sono giocati il ventesimo posto con i colleghi di noise rock Uniform, Metz e Pissed Jeans e hanno vinto in virtù dei requisiti raccontati sopra. Chitarroni metallici, voce isterica e tanto mal di testa. Probabilmente fra qualche anno non ce ne ricorderemo più e magari questa lista ce li farà tornare in mente!

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